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Giudiziaria

Bando Sport e Periferie il progetto presentato dal Circolo del Tennis ammesso a finanziamento di 600.000 euro a seguito del pronunciamento del TAR

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L’Associazione Circolo del Tennis di Agrigento ha presentato domanda per ottenere un finanziamento di 600.000 euro in relazione al Bando Sport e Periferie indetto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
In esito alla pubblicazione della graduatoria della selezione, l’Associazione agrigentina è risultata ammessa ma con un punteggio tale che, per soli 2 punti,  non le ha consentito di risultare in posizione utile per ottenere il finanziamento richiesto.
Tuttavia, a seguito di richiesta di accesso agli atti, l’Associazione ha appreso che non le era stato attribuito il punteggio, di punti 15, previsto dal bando in relazione al livello progettuale “esecutivo” effettivamente presentato, poiché per mero errore nel modulo di domanda era stato  indicato che il livello progettuale fosse quello “definitivo”, per il quale il bando non prevede l’attribuzione di alcun punteggio.
A questo punto l’Associazione del Circolo del Tennis di Agrigento si è rivolta agli Avvocati Girolamo Rubino, Vincenzo Airo’ e Mario La Loggia per contestare l’erronea valutazione del proprio progetto.
Con ricorso presentato innanzi al TAR del Lazio, gli Avvocati Rubino, Airo’ e La Loggia hanno contestato l’illegittimità della graduatoria, poiché a fronte di un mero errore materiale nella compilazione del modulo di domanda informatico, l’Amministrazione avrebbe dovuto valutare il progetto presentato dall’Associazione Circolo del Tennis di Agrigento come Esecutivo, con conseguente riconoscimento dei 15 punti previsti dal bando.
Il TAR del Lazio con ordinanza interlocutoria, sulla scorta  delle censure degli avv.ti Rubino, Airo’ e La Loggia, ha chiesto alla Presidenza del Consiglio dei Ministri di fornire chiarimenti con particolare  riferimento alle  modalità  della  valutazione  (e  attribuzione  del  punteggio)  del progetto  della   ricorrente ovvero se  tale  valutazione  fosse  stata  effettuata  soltanto avuto riguardo alla formale presentazione di un progetto “definitivo” oppure con riguardo alla  sostanza  del  progetto  stesso  che,  come  indicato  dalla  ricorrente,  era  provvisto di validazione (e, dunque, secondo la prospettazione della parte  ricorrente) riqualificabile quale progetto “esecutivo”.
Successivamente alla predetta pronuncia, il Dipartimento per lo Sport della Presidenza del Consiglio dei Ministri ha comunicato ai difensori dell’Associazione agrigentina che, avendo appreso dell’errore di compilazione del modulo di domanda, aveva avviato il procedimento interno finalizzato al riesame nel merito del progetto presentato  da parte della Commissione giudicatrice.
Alla successiva udienza cautelare, il TAR del Lazio, in accoglimento della richiesta dei difensori della ricorrente, ha assegnato all’Amministrazione un termine di 60 giorni per la conclusione del procedimento di riesame preannunciato in precedenza.
In esecuzione della pronuncia del TAR del Lazio, il progetto presentato dall’Associazione Circolo del Tennis è stato valutato nel merito, con favorevole rideterminazione del punteggio assegnato in graduatoria e la conseguente collocazione in posizione utile per ottenere il finanziamento richiesto.
Pertanto a seguito della pubblicazione della nuova graduatoria l’Associazione Circolo del Tennis di Agrigento risulta ammessa per un finanziamento pari a 600.000 euro

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Giudiziaria

Don Rugolo condannato anche in Appello

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Tre anni di reclusione: è la sentenza emessa dalla Corte d’appello di Caltanissetta che ha condannato don Giuseppe Rugolo, il sacerdote ennese accusato di violenza sessuale su minorenni. I giudici hanno applicato l’attenuante della tenuità del fatto per due delle vittime individuate, rideterminando la sentenza di primo grado che era stata di quattro anni e sei mesi.

L’impianto dell’accusa ha retto anche in appello, come la credibilità del giovane archeologo Antonio Messina, sulla cui denuncia è stato incardinato il processo. La Corte d’appello ha estromesso la diocesi di Piazza Armerina dalla responsabilità civile

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Giudiziaria

Sentenza amianto killer: difesa condannata

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Roma – Amianto killer nelle navi della Marina: la Difesa condannata in via definitiva a risarcire 400mila euro la famiglia di Michele Cannavò morto di mesotelioma.

La vittima è stata esposta senza protezione per 34 anni nei cantieri e sulle navi .

Una nuova, pesante condanna, appena passata in giudicato, quindi definitiva, per il Ministero della Difesa: il Tribunale Civile di Roma ha stabilito un risarcimento di circa 400mila euro in favore dei familiari di Michele Cannavò, motorista navale della Marina Militare, deceduto a causa di un mesotelioma pleurico provocato dall’esposizione prolungata all’amianto.

Cannavò, originario della provincia di Catania, e residente a Siracusa, ha servito per 34 anni lo Stato tra il servizio militare e civile, operando in ambienti contaminati e privi di adeguate protezioni. Imbarcato su diverse unità navali – tra cui la Nave Albatros e il MOC 1201 – e impiegato nell’Arsenale Militare di Augusta, è stato quotidianamente a contatto con fibre di amianto: nei motori, nei corridoi, nei rivestimenti delle condotte, fino agli stessi ambienti di vita delle navi.

Un’esposizione continua, intensa e silenziosa, che gli è costata la vita. La diagnosi è arrivata nel 2019. La morte, appena due mesi dopo.L’INAIL ha riconosciuto il nesso causale tra l’infermità e le mansioni svolte in Marina, nel periodo del servizio civile. Una conferma ulteriore della gravità della negligenza istituzionale.

“Finalmente giustizia per la famiglia Cannavò” – commenta Ezio Bonanni, Presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto e legale dei familiari – “Questo risarcimento non potrà restituire Michele ai suoi cari, ma rappresenta un passo in avanti verso la tutela delle vittime e la bonifica definitiva dell’amianto da navi e arsenali militari.”

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Giudiziaria

Inchiesta Camaleonte: assolti gli imprenditori Luca e il dirigente di polizia Giudice

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Cade in primo grado l’impianto dell’inchiesta Camaleonte che ha coinvolto gli imprenditori Luca accusati di rapporti con clan mafiosi.

Il presidente del collegio penale Miriam D’Amore ha assolto tutti gli imputati perché il fatto non sussiste. Sono stati assolti il fondatore del gruppo Salvatore Luca, il figlio Rocco, il fratello Francesco, il genero Francesco Gallo, la moglie Concetta Lo Nigro, la figlia Maria Assunta Luca e la cognata Emanuela Lo Nigro. Tutti gli imputati hanno  respinto sempre l’accusa di legami con la mafia. I Luca si sono dichiarati, invece, vittime e hanno sostenuto che il loro patrimonio era frutto del lavoro. Lacrime,commozione e abbracci tra i componenti della famiglia Luca alla lettura del dispositivo di sentenza.

E’ stato assolto anche il dirigente di polizia Giovanni Giudice, che ha rinunciato alla prescrizione maturata. Era accusato di aver favorito i Luca, tesi sempre respinta.

La prescrizione, con esclusione dell’unica aggravante, è stata decisa per l’ altro poliziotto coinvolto Giovanni Arrogante. 

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Direttore Responsabile: Giuseppe D'Onchia
Testata giornalistica: G. R. EXPRESS - Tribunale di Gela n° 188 / 2018 R.G.V.G.
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