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Giudiziaria

Capsule dimagranti e medicinali illegali, in 13 alla sbarra

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Sono state rinviate a giudizio, le tredici persone implicate nell’operazione “Ghost Drug-Lub”, eseguita dalla Guardia di Finanza di Gela tra il 2016 e il 2020, sotto la direzione della Procura. I reati contestati risultano, a vario titolo, connessi alla produzione e commercializzazione non autorizzata di capsule dimagranti a base di sostanze classificate come stupefacenti o psicotrope. L’operazione ha permesso di ricostruire l’esistenza di una vera e propria filiera di produzione e distribuzione di capsule dimagranti e medicinali illegali, anche attraverso la determinante collaborazione di due medici dietologi gelesi, i quali, secondo l’ipotesisostenuta dalla Procura, prescrivevano ai propri pazienti l’assunzione delle capsule nelle terapie a scopo dimagrante.Dalle indagini preliminari è emerso che ogni confezione di capsule dimagranti prodotta dagli indagati conteneva 180 capsule a base di “efedrina” (noto precursore utilizzato per la produzione di sostanze stupefacenti), delle quali il paziente/assuntore, per dimagrire, ne assumeva circa 5 al giorno.L’approvvigionamento delle sostanze chimiche necessarie, tra le quali anche il “Sildenafil”(farmaco per la cura delle disfunzioni erettili) e il “Fenadol” (farmaco antinfiammatorio e antireumatico), e diverse tipologie di amminoacidi, avveniva ad opera di un farmacista locale, il quale si riforniva presso due distributori (a Palermo e in provincia di Prato) ed era impegnato, al contempo, anche nella pubblicizzazione e commercializzazione “sotto banco” del prodotto sul territorio.La raffinazione delle sostanze avveniva ad opera di un secondo farmacista gelese non iscritto all’Albo, all’interno di un laboratorio occulto dove, a seguito di perquisizione, sono state rinvenute le attrezzature ed i materiali utilizzati per la preparazione e la sintesi delle sostanze farmacologiche per uso dimagrante, antinfiammatorio, antidolorifico,anabolizzante e per la cura delle disfunzioni erettili. L’immissione in commercio dei preparati avveniva, secondo gli accertamenti investigativi,anche attraverso un “bar-tabacchi” gelese, nella diretta disponibilità del farmacista non iscritto all’Albo ed anche attraverso una rete di consegna diretta presso le abitazioni degli acquirenti/assuntori. In altri casi, la commercializzazione avveniva tramite spedizione con corriere espresso, dietro pagamento del relativo corrispettivo attraverso la “ricarica” di una carta postepay.Le indagini, svolte anche mediante accertamenti bancari e fiscali, hanno consentito di quantificare il profitto illecito complessivamente conseguito dagli indagati in 579 mila euro, considerato che una confezione contenente 180 capsule a base di efedrina veniva venduta al prezzo di 75 euro

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Giudiziaria

Scontro in Consiglio tra Ragusa e D’Asaro. “Dal vicepresidente nessuna violenza”

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Mazzarino -La questione è archiviata per “infondatezza di reato”. Così il vice presidente del consiglio comunale di Mazzarino, Lino Ragusa, viene prosciolto da ogni accusa e non è imputabile per i reati di cui agli articoli 610 (violenza privata), 476 e 479 codice penale (falsità materiale in atti pubblici), mossegli dal consigliere comunale Vincenzo D’Asaro.

Il fatto non sussiste ed a stabilirlo è il Tribunale di Gela il 4 ottobre 2023, dopo oltre un anno e mezzo dalla querela presentata alla Procura della Repubblica dall’attuale commissario cittadino di Fratelli d’Italia (all’epoca dei fatti capogruppo di Forza Italia). Il fatto risale alla seduta consiliare del 10 marzo 2022 quando Ragusa (che presiede l’assemblea) fa allontanare D’Asaro dall’aula durante la discussione del punto all’ordine del giorno “legge di bilancio 2022 art 1 commi 534, 542 (rigenerazione urbana per comuni con popolazione inferiore a 15 mila abitanti) esame ed approvazione dello schema di convenzione”.

Dopo un dialogo dai toni accesi tra i due, Ragusa invita il consigliere ad attenersi al tema del dibattito (approvazione della delibera consiliare), di contro D’Asaro replica accusando il presidente di impedire l’esercizio democratico della critica, fino a che, durante le dichiarazioni di voto il consigliere viene espulso dall’aula. D’Asaro accusa Ragusa di averlo allontanato con l’ausilio della forza pubblica “in modo arbitrario e in spregio ai regolamenti” e denuncia la sinteticità con cui la vicenda è riportata a verbale.

La denuncia presentata da D’Asaro è stata archiviata per “insussistenza del fatto” poiché le immagini registrate da un’emittente locale accertano l’esatta dinamica dei fatti. Dopo vari inviti e i richiami all’ordine, di fronte all’atteggiamento perseverante di D’Asaro, Ragusa si dice costretto ad allontanarlo dall’aula poiché fuori microfono continua a disturbare i lavori (durante le dichiarazioni di voto del consigliere Egidio Gesualdo). E così D’Asaro “appoggiandosi al braccio” del comandante esce. Nessuna “violenza privata e nessuna minaccia” dunque da parte di Ragusa che oggi si dice felice dell’esito della questione giudiziaria. “Ho sempre avuto fiducia nella giustizia – afferma il Ragusa – ed ho sempre ritenuto di aver svolto secondo regolamento il compito di presidente, rispettando la libertà di parola di ogni consigliere comunale.

Lo stesso articolo dice anche che nella seduta successiva di approvazione dei verbali ogni consigliere ha facoltà di chiedere modifiche, integrazioni o rettifiche, cosa che non è avvenuta. Il tribunale esclude inoltre il falso ideologico, considerato che il verbale è redatto non dal Presidente ma dal Segretario Comunale.

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Giudiziaria

Il Cga ha sospeso il Calendario venatorio 2023-24

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Palermo – Ieri il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, con ordinanza cautelare n. 365/2023, ha integralmente sospeso il Calendario venatorio 2023-24, emanato lo scorso giugno dall’Assessore regionale all’agricoltura Luca Sammartino. Da oggi, quindi, stop in tutta la Sicilia alle doppiette che avevano iniziato a sparare già dal 2 settembre, con una deroga (“pre-apertura”) autorizzata dall’Assessore, nonostante il parere negativo di ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) e gli incendi devastanti in tutta l’Isola.

Nei mesi scorsi le Associazioni ambientaliste ed animaliste WWF Italia, Legambiente Sicilia, Lipu BirdLife Italia, LNDC Animal Protection, Enpa e LAC, difese dagli avvocati Antonella Bonanno e Nicola Giudice, avevanoimpugnato al TAR di Palermo il Calendario venatorio, ottenendo – il 21 settembre – una prima sospensiva della caccia ad alcune specie in declino (ordinanza n. 512/23). Oggi arriva la decisione di secondo grado che mette la parola fine alla stagione di caccia in Sicilia: il CGA, infatti, ha riconosciuto che, “come adeguatamente comprovato dalle Associazioni Ambientaliste appellanti, i notevoli incendi divampati nel territorio regionale associati allo straordinario aumento delle temperature verificatisi nel periodo estivo hanno determinato un, facilmente intuibile, significativo rischio per la sopravvivenza degli animali. In tal senso sono particolarmente significative le due delibere con le quali la Giunta Regionale Siciliana ha opportunamente preso atto della gravità della situazione, avanzando ai competenti organi statali la richiesta di deliberazione dello stato di emergenza di rilievo nazionale per la durata di 12 mesi”. Ma – incredibilmente – la stessa Regione non solo non ha sospeso la stagione di caccia come buonsenso richiederebbe, ma ne ha addirittura autorizzato l’anticipo di ben un mese rispetto a quanto suggerito da ISPRA!

Grande soddisfazione di WWF Italia, Legambiente Sicilia, Lipu BirdLife Italia, LNDC Animal Protection, Enpa e LAC: “con questa ulteriore vittoria giudiziaria, sono stati sonoramente bocciati i decreti ‘sparatutto’ dell’Assessore ‘contro la fauna’ Sammartino ed è stata riaffermata la legalità e la prioritaria esigenza di tutela della biodiversità. Continueremo la battaglia legale al TAR ed al CGA sin dalle prossime udienze, dove denunceremo le gravi e pesanti illegittimità di un calendario venatorio vergognoso che condanna a morte gli animali scampati alla devastante stagione degli incendi e della siccità”.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana osserva che l’Ambiente, nel suo più ampio significato comprensivo della flora e della fauna, costituisce nel nostro ordinamento un bene fondamentale, rispetto al quale i contrapposti interessi di quanti pratichino l’attività venatoria sono recessivi” – si legge nella lunga (20 pagine), articolata e dotta ordinanza – “La conservazione del patrimonio naturalistico nel suo complesso considerato, infatti, è un valore assoluto in quanto corrispondente all’esigenza di salvaguardare habitat naturali e specie viventi dal pericolo di estinzione”. Per tali motivazioni, il CGA “accoglie l’appello cautelare” delle sei associazioni protezioniste “e ordina all’Assessorato dell’Agricoltura della Regione Siciliana di pronunciarsi sull’istanza presentata dalle associazioni richiedenti del 18 agosto 2023” nella quale si chiedeva di sospendere la caccia “in ragione dell’eccezionale situazione meteoclimatica, ambientale ed ecologica verificatasi nel periodo estivo” protrattasi fino a pochi giorni fa

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Giudiziaria

Riottiene la patente sospesa, dopo 27 anni

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Nel lontano 1996, la Prefettura di Agrigento, ai sensi degli artt. 120 e 130 del Codice della Strada, disponeva nei confronti di G.C., la revoca della patente di guida per asserita mancanza dei requisiti morali, in quanto sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza.

Dopo aver scontato la misura di prevenzione, G.C. richiedeva la restituzione della patente di guida, ma la Prefettura gliel’ ha negata.

Quindi l’ automobilista , con il patrocinio degli avv.ti Girolamo Rubino e Daniele Piazza, e’ ricorso al Giudice Amministrativo per ottenere l’annullamento del provvedimento con cui la Prefettura di Agrigento aveva illegittimamente disposto il diniego dell’istanza di restituzione della patente di guida.      

In fase cautelare il T.A.R., accoglieva l’istanza formulata dai legali, sospendendo gli effetti del diniego impugnato e, pertanto, la Prefettura rilasciava provvisoriamente la patente di guida.

Tuttavia, a distanza di diversi anni, il TAR declinava la propria giurisdizione in favore del Giudice Ordinario, sicché la causa veniva riassunta da G.C., sempre assistito dagli avv.ti Rubino e Piazza, innanzi i Tribunale di Palermo.

Nel giudizio, i difensori censuravano il provvedimento con cui la Prefettura di Agrigento aveva negato al proprio assistito la restituzione della patente di guida deducendo la violazione dell’articolo 120 del Codice della Strada, nonché la mancanza di una congrua motivazione del provvedimento.

I difensori Rubino e Piazza rilevavano in giudizio come la Prefettura di Agrigento avesse illegittimamente ed erroneamente negato il rilascio della patente al proprio assistito solo in ragione di un automatismo discendente dall’adozione, nei confronti dello stesso, della misura della sorveglianza speciale. Specificatamente, i legali sostenevano che nel caso in questione, in virtù dei principi dettati dalla Corte Costituzionale con la sentenza n°354/1998, la Prefettura di Agrigento avrebbe dovuto operare una valutazione del singolo caso improntata ai criteri di ragionevolezza, proporzionalità e adeguatezza, in quanto la presunta valutazione in senso negativo del requisito morale previsto dall’art. 120 del C.d.s. non può comunque operare sine die.

Ed ancora, gli avv.ti Rubino e Piazza, evidenziavano ulteriormente che, nel caso di specie, non vi fossero più elementi ostativi, concreti ed attuali, volti a legittimare la revoca della patente disposta nei confronti del sig. G.C., in quanto questa era avvenuta sulla base di una valutazione soggettiva effettuata anni prima.

Ebbene, con sentenza del 3 novembre 2023 il Tribunale di Palermo, in accoglimento delle argomentazioni sostenute dagli avv.ti Rubino e Piazza ha accertato la sussistenza del diritto di G.C. alla restituzione della patente di guida, illegittimamente revocatagli dalla Prefettura di Agrigento, ed altresì ha condannato il Ministero dell’Interno e la Prefettura di Agrigento al pagamento delle spese di lite in favore del Sig. G.C. Pertanto, per l’effetto della predetta sentenza, C.G. potrà ottenere in via definitiva la restituzione della propria patente di guida ed al contempo, in ragione dell’irragionevole durata del contenzioso (più di 20 anni), potrà anche richiedere il risarcimento ai sensi della c.d. legge Pinto

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