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Lo Scrivo a Il Gazzettino di Gela

Dal desiderio senza godimento, al godimento senza desiderio

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Dallo psichiatra Franco Lauria, riceviamo e pubblichiamo

Sino agli anni 60 del secolo scorso grande era il desiderio e piccolo e raro il godimento.
La Società capitalista della seconda rivoluzione industriale era ancora povera e tesa al risparmio, soprattutto da noi in Sicilia.
Il No era prevalente sul Si, il Noi dominava sull’Io. Le nevrosi, frutto della rimozione, prevalevano sulle perversioni e sulle dipendenze. Era in parte ancora una Società a produzione artigianale e Pasolini poté scrivere il suo” I Ragazzi di vita” illustrando la vita dei giovani sottoproletari romani, poverissimi, ma orgogliosi e fortemente identitari.
Nel giro di pochi anni la situazione cambiò velocemente e radicalmente. Il cosiddetto boom economico produsse una quantità enorme di merci che propagandate dalla Tv, dai giornali cartacei e dai manifesti murali, portarono la gente, che disponeva di maggiore quantità di denaro, a fare massicciamente acquisti e ad abbracciare il consumismo e le novità.
Si passò rapidamente dal risparmio al consumo, dal No al Si, dal Noi all’Io.
Il desiderio senza godimento o con poco e raro godimento, quello che si poteva soddisfare solo la domenica di festa dopo 6 giorni feriali lavorativi di rinuncia, di dovere, il desiderio cominciò ad essere soddisfatto anche nei giorni feriali. Sempre più spesso.
Il tempo del desiderio si accorciava, si riduceva per esigenza di vendite delle nuove merci. La classe media prima e man mano anche la classe proletaria compravano di tutto. Sembrava un paradiso in Terra.
In una decina d’anni il volto della Storia mutò completamente e si capovolse nel suo contrario.
Tutto ciò che sino a quel momento era vietato diventò lecito. Al posto dell’orgoglio identitario subentrò la vergogna della povertà e del dialetto che fu presto sostituito dalla lingua italiana.
L’omologazione nazionale fece scomparire le specificità locali, usi, costumi, tradizioni,lingue. Tutto invecchio e divenne démodé, bisognava avere le ultime novità, vestire alla moda e firmato, tutti uguali.
Questo periodo diastolico, megalomanico, euforico, maniacale durò dal 1960 agli anni 90, circa 30 anni. Dopo arrivò la crisi.
Gli psicoanalisti lacaniani dicono che la forclusione del Padre, cioè della Legge, del No, finí con lo svuotare l’inconscio e l’inconscio rimase vuoto. Questo accadde alla fine degli anni 90.
Dal quel momento in poi il vuoto e il nulla produssero un’angoscia enorme, insopportabile.
Tutto ciò che aveva riempito l’inconscio per millenni (Dio, Morale, Padre, famiglia, Comunità, tradizioni) era evaporato volutamente ad opera del mercato poiché rallentava il consumo.
Pasolini dichiarò nel 74 che mai avrebbe potuto scrivere il suo “I ragazzi di vita” in quell’anno.
Tutto cambiò. Da allora l’individualismo, il consumismo, l’edonismo, il narcisismo, si diffusero enormemente. Si abolí il limite.
Senza il Limite, senza una cornice di riferimento arrivò l’angoscia generalizzata. L’inconscio svuotato fu presto riempito di nuove merci che generarono nuove dipendenze: droghe (cocaina), alcool, acquisti compulsivi, tecnologie, sesso, gioco d’azzardo (ludopatie), cibo (obesità e diabete).
La caduta della rimozione produsse una nuova quantità di comportamenti multipli e variegati in tutti campi. In quello sessuale le perversioni.
L’immediata soddisfazione del desiderio mise fine al tempo di attesa. Il godimento arriva subito, sempre, senza aspettare il desiderio.
L’esigenza capitalista di vendere ha ucciso il desiderio. Ci ritroviamo così il godimento senza desiderio. E senza desiderio subentra l’abulia e l’apatia, sintomi cardini della depressione.
Tutti depressi. Tutti obesi.
Il godimento consumista nei tempi
dell’individualismo e della solitudine atomistica si può, anzi si deve raggiungere senza l’Altro significativo. In solitudine. In campo sessuale viene sdoganata la masturbazione, in carenza di relazioni umane. Il godimento individuale in solitaria e enza desiderio viene assicurato dagli oggetti, dalle merci, non più da relazioni fra umani. Così giocattoli sessuali per adulti e tecniche sofisticate per il godimento solitario vengono propagandate su internet h24.
L’essere umano ormai depresso, apatico, fragile, solo, senza desideri, gode passivamente abbandonandosi alle droghe, al cibo, agli oggetti. Il trionfo del consumismo e della malattia fisica e mentale.

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La solidarietà dell’on.Scuvera al presidente del Senato

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Dall’onorevole Totò Scuvera riceviamo e pubblichiamo:

Esprimo piena e convinta solidarietà al Presidente del Senato Ignazio La Russa, gravemente insultato durante una manifestazione della CGIL a Roma.
Le parole pronunciate contro di lui sono ignobili, indegne di un confronto civile e democratico, tanto più se pronunciate da un palco sindacale.

Condanno con forza questo attacco vile rivolto alla seconda carica dello Stato.
Chi ha responsabilità pubbliche dovrebbe sempre rifuggire da linguaggi d’odio e da toni che fomentano divisioni.

Mi auguro che la CGIL prenda ufficialmente le distanze e chieda scusa per quanto accaduto. Il rispetto delle istituzioni non è un favore: è un dovere.

Totò Scuvera
Deputato regionale
Fratelli d’Italia

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“Disarmiamo le parole e contribuiremo a disarmare la Terra”

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Riceviamo e pubblichiamo la nota  Salvatore Di Salvo Segretario nazionale Ucsi, all’indomani dell’elezione di Papa Leone XIV

“Disarmiamo le parole e contribuiremo a disarmare la Terra”.  Le parole di Papa Leone XIV hanno centrato il cuore della professione giornalistica richiamando tutti noi al “dovere della verità”. Giornalismo e libertà.

Giornalismo è libertà. Sfumature grammaticali. Ma non solo. Papa Leone XIV, così come i suoi quattro predecessori, ha incontrato i giornalisti di tutto il mondo in udienza a pochi giorni dalla sua elezione.   Come in precedenza Papa Francesco, anche Leone XIV ha fatto da sprone affinchè tutti noi giornalisti si faccia sempre al meglio il nostro lavoro, nell’interesse dei cittadini ad essere informati in libertà, autonomia e nel rispetto delle persone, senza alcuna discriminazione. Citando il “discorso della montagna di Gesù”, Prevost ci ha invitato “all’impegno di portare avanti una comunicazione diversa, che non ricerca il consenso a tutti i costi, non si riveste di parole aggressive, non sposa il modello della competizione, non separa mai la ricerca della verità dall’amore con cui umilmente dobbiamo cercarla.

La pace comincia da ognuno di noi: dal modo in cui guardiamo gli altri, ascoltiamo gli altri, parliamo degli altri; e, in questo senso, il modo in cui comunichiamo è di fondamentale importanza”.  Nelle parole del Pontefice la consapevolezza della forza del linguaggio, oggi amplificata dai nuovi strumenti digitali, che deve essere utilizzata con consapevole equilibrio per raccontare i fatti e costruire inclusione, rifuggendo da odio e violenza.  Le elenca tutte il nuovo pontefice le sfide per il mondo della comunicazione: “Viviamo tempi difficili da percorrere e da raccontare – spiega -. Essi chiedono a ciascuno, nei nostri diversi ruoli e servizi, di non cedere mai alla mediocrità.

 La Chiesa deve accettare la sfida del tempo e, allo stesso modo, non possono esistere una comunicazione e un giornalismo fuori dal tempo e dalla storia”. Occorre uscire quindi da quella torre di Babele, che nasce “dalla confusione di linguaggi senza amore, spesso ideologici o faziosi”. Non è solo questione di trasmissione di informazioni, ma di creare “cultura, ambienti umani e digitali che diventino spazi di dialogo e di confronto”. Dopo aver ricordato i cronisti finiti in carcere e aver sottolineato che “la Chiesa riconosce in questi testimoni – penso a coloro che raccontano la guerra anche a costo della vita – il coraggio di chi difende la dignità, la giustizia e il diritto dei popoli a essere informati, perché solo i popoli informati possono fare scelte libere», il pontefice ha richiamato tutti «a custodire il bene prezioso della libertà di espressione e di stampa”. 

“Disarmiamo la comunicazione”, è l’appello finale, che riprende l’ultimo Messaggio per le Comunicazioni sociali di papa Francesco: “disarmiamo la comunicazione da ogni pregiudizio, rancore, fanatismo e odio; purifichiamola dall’aggressività. Non serve una comunicazione fragorosa, muscolare, ma piuttosto una comunicazione capace di ascolto, di raccogliere la voce dei deboli che non hanno voce. Disarmiamo le parole e contribuiremo a disarmare la Terra. Una comunicazione disarmata e disarmante ci permette di condividere uno sguardo diverso sul mondo e di agire in modo coerente con la nostra dignità umana”. Il Pontefice ci ricorda che la “comunicazione non è solo trasmissione di informazioni, ma è creazione di una cultura, di ambienti umani e digitali che diventino spazi di dialogo e di confronto”.

In questo anno giubilare, aperto con il Giubileo per il mondo della comunicazione da papa Francesco che ci invitava ad “essere veri”, papa Leone XIV, nella prima udienza, dopo l’elezione  ci invia a portare avanti una “comunicazione diversa” ed essere “missionari”. La nostra professione è innanzi tutto una vocazione che diventa missione per costruire con parole “vere” ponti di pace e un giornalismo vero con “coraggio” per essere “Pellegrini di speranza”.  

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Il Popolo della Famiglia accoglie con gratitudine e gioia papa Leone XIV

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Riceviamo e pubblichiamo una nota a firma del segretario nazionale del Popolo della Famiglia Nicola Di Matteo

Roma – In illo uno unum_ …. questo il motto che ispira il pontificato del Papa di Maria” dichiara Nicola Di Matteo, Segretario Nazionale e Presidente pro tempore del Popolo della Famiglia – Noi, militanti dell’unico partito che si ispira esplicitamente alla Dottrina sociale della Chiesa, non possiamo che essere colmi di gratitudine allo Spirito Santo e alla Chiesa che ci donano un papa che già nel nome sceglie di collocarsi nella scia di Leone I e Leone XIII, i più significativi pontefici che, con questo nome, sono stati baluardi della spiritualità ma anche molto attenti alle esigenze della materialità”.

“La piazza gremita – prosegue Di Matteo- ha recitato con il suo papa la preghiera baluardo della nostra fede. Sottolineare il ruolo di Maria, nella straordinaria coincidenza della celebrazione della Madonna di Pompei che rimanda al 7 ottobre, commemorazione della vittoria di Lepanto, non può che rinfrancarci e commuoverci. Maria è con noi, si prende cura di noi, Lei cui nel maggio del 2016 ci siamo affidati nella Sua cattedrale di Santa Maria Maggiore.

Non poteva esserci inizio migliore per un pontificato che si apre richiamando al nostro inquieto presente la promessa di pace che Gesù Risorto spalanca ai Suoi discepoli, intimoriti e confusi. Promessa che siamo pronti ad onorare proseguendo la Santa Battaglia per la quale invochiamo anche la protezione di San Michele Arcangelo, della cui prima apparizione ieri ricorreva l’anniversario.

Il PdF è pronto a seguire papa Leone XIV che nel suo stemma ha voluto richiamare la devozione a Maria ma anche al Sacro Cuore di Gesù. Questi fortissimi riferimenti devozionali, uniti all’appello ad una unità portatrice di pace, poggiano saldamente sulla difesa della Vita che papa Leone, già da cardinale, ha ripetutamente ribadito.Dal concepimento alla fine naturale, schierato dalla parte dei più debili, anziani, disabili, malati accanto ai migranti, certamente, ma partendo dai più prossimi. Su questi principi poggia il servizio di ciascun militante del PdF. Alla Vergine e al Santo Padre affidiamo nuovamente il nostro operato pronti ad essere missionari in politica e nella vita”.

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Direttore Responsabile: Giuseppe D'Onchia
Testata giornalistica: G. R. EXPRESS - Tribunale di Gela n° 188 / 2018 R.G.V.G.
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