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Cronaca

“Ero solo l’oggetto del desiderio di un mostro che non perdonerò mai!”

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“Mi diceva continuamente che non poteva vivere senza di me. Io per lui ero tutto. Avrebbe fatto qualsiasi cosa. Ma erano solo promesse. Ho scoperto sulla mia pelle, invece, che per lui rappresentavo solo l’oggetto del desiderio, quando voleva e in tutti i luoghi, nonostante cercassi di fermarlo. Quasi ad implorarlo. Ma lui invece continuava. In tutti questi anni, ha rubato anche la mia purezza”.

Per tutelarne l’identità, ci soffermiamo al racconto. Lei ha 28 anni. E’ nata e cresciuta a Gela, in uno dei quartieri ad ovest della città. Ha lavorato, per un periodo limitato, in un negozio e tra un oggetto da impacchettare e la vendita di un articolo, ha conosciuto lui, di qualche anno più grande rispetto a lei. Un vero e proprio colpo di fulmine. Amore a prima vista. Due sguardi che si incrociano e si intrecciano in un vero e proprio turbinio di sentimenti. Almeno così sembrava.

“E’ stato folgorante, non riuscivo a non pensarlo. Anche se non doveva acquistare nulla, passava ogni giorno a salutarmi. Ma capivo che a lui interessavo solo io. Tutto il resto non contava…”

E poi?

“Dopo alcuni giorni, come si dice in questi casi, si è dichiarato apertamente. Era quello che volevo anch’io, ma ho aspettato che lo facesse lui. E’ stato bellissimo. In un primo momento avevo pensato che si trattasse di un’infatuazione ma col passare del tempo mi sono accorta che mi ero veramente innamorata. Avevo conosciuto il ragazzo dei miei sogni. Una persona garbata e gentile. Sempre disponibile”.

Tutto questo, quando è avvenuto?

“Cinque anni fa. Avevo da poco compiuto 23 anni, lui ne aveva 27. Dinnanzi a noi, si prospettava una vita fantastica. Eravamo spensierati ma in lui covava una doppia personalità”.

In che senso?

“Mi aveva riferito che lavorava per un’importante ditta edile del trapanese. Ho chiesto più volte il nome dell’azienda ma ha sempre cambiato discorso. Quando si parlava di lavoro, assumeva un altro atteggiamento. Mi diceva testualmente: se non mi credi, vuol dire che non mi ami. Solo dopo qualche tempo, invece, ho scoperto che la sua fedina penale si era macchiata di alcuni precedenti reati. Ho ragionato tanto e alla fine ho pensato che bisognava dare una possibilità a chi ha sbagliato, contravvenendo alle leggi. Ho fatto finta di non sapere nulla e siamo andati avanti. Avevamo progettato anche di prendere casa e di conviverci…”

Poi cosa è successo?

“Quello che non ti aspetti, manco nei peggiori incubi. Mi tempestava di telefonate continue. Chiamava ripetutamente anche in negozio. Voleva sentire solo la mia voce perché lo eccitava….e non vedeva l’ora che ci incontrassimo. Capii che il nostro rapporto si stava incancrenendo, perché durante le telefonate esternava parole senza senso. Discorsi deliranti, come se fosse sotto effetto di psicofarmaci, alcool o droghe. Dicevo di non chiamare più e che ci saremmo visti alla fine del turno ma dopo avere riattaccato, richiamava subito. E ancora più infervorato di prima…”

Vedendovi, poi, cosa succedeva?

“Lo dicevo prima, un incubo. In auto, andavano nei luoghi ben conosciuti a Gela dalle coppiette per appartarci. Il nostro però non era un rapporto fatto anche di ammiccamenti, baci e carezze… tutt’altro. Lui doveva andare subito al sodo. Con le buone o con le cattive”.

Con le cattive?

“Si, quando provavo a fermarlo mi picchiava e se provavo a gridare mi tappava la bocca. Poi si scusava, come se non fosse accaduto nulla, si accendeva uno spinello e mi riaccompagnava a casa. Durante il tragitto pregavo Dio che non mi facesse più del male”.

Quante volte è successo?

“Tante, troppe volte. Per nascondere i lividi, soprattutto sulle braccia, il giorno dopo indossavo la felpa. Anche d’estate e tutti mi guardavano sbalorditi. Ai miei genitori, ho detto che era la moda del momento…”

Perché non hai pensato di lasciarlo?

“Facile a dirsi. Ho avuto tanta paura. E ho subito. Ho pure visto chi frequentava. Avanzi di galera, come lui”.

Perché non hai deciso di denunciarlo?

“C’è stato un momento in cui ero in procinto di farlo. Sbagliando, ne parlai con una mia amica la quale mi consigliò di desistere. Tanto – mi disse – te lo ritroverai davanti tra pochi giorni, appena uscito dal carcere. Sempre se ci andrà…”

Ne hai parlato in famiglia?

“Mai, non ho avuto il coraggio. Ho pensato (anche qui sbagliando) che mi prendessero per una poco di buono e che soprattutto mio padre potesse commettere qualche sciocchezza…”

Perché adesso ne parli e per giunta in un’intervista?

“Perché voglio, pretendo che ad altre ragazze non succeda quello che è successo a me. Lo confermo oggi, a maggior ragione in occasione della festa della donna: non si può amare abusando. L’amore è vita. State attente e – soprattutto – parlatene con i vostri cari, quando capite che a tutto c’è un limite. Il mio è stato un calvario, fatto di sesso (non consenziente) e botte”.

Quanto è durata la relazione che di sentimentale – capisco – ha ben poco?

“Quasi due anni”

Come hai fatto ad interromperla?

“Mi sono licenziata e ho preso il primo volo, destinazione Lombardia. Non è stato facile integrarsi in un nuovo territorio ma adesso sono felice. Anzi, cerco di esserlo… Fortunatamente ho trovato lavoro. Mi manca la mia famiglia ma le occasioni per vederci ci sono. Adesso ci rivedremo a Pasqua…”

Lui ha provato a rintracciarti?

“L’ho bloccato sul telefonino e sulle varie piattaforme di messaggistica. A casa dei miei non si è mai fatto presente. Credo che abbia capito…”

Se tornassi indietro, cosa faresti?

“La vita non si fa con i se e con i ma….Io ho sbagliato a fidarmi di un ladro di sentimenti. Ci sono cascata, annullando la realtà. Solo analizzando a fondo il male che mi ha fatto, ho capito che bisognava intervenire subito, mollandolo all’istante. Dietro ai suoi regali, si nascondeva un essere malefico che con la violenza si è impossessato di ciò che non era suo”.

Riusciresti a perdonarlo?

“Mai, i mostri non si perdonano…”

Adesso stai con qualcuno?”

“Sola con me stessa”.

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L’uomo, attualmente agli arresti domiciliari, è considerato ancora oggi socialmente pericoloso. Sottoposto in passato anche alla confisca dei beni, vanta un lungo curriculum giudiziario a partire dagli anni ’90. Tra le condanne figurano il favoreggiamento continuato della prostituzione (1999) e, soprattutto, una pesante sentenza emessa nel 2004 per associazione mafiosa, riconducibile alla sua affiliazione alla cosca guidata da Salvatore Fiandaca, legata al boss Giuseppe “Piddu” Madonia, figura apicale di Cosa Nostra nella provincia di Caltanissetta.

Secondo gli inquirenti, l’uomo avrebbe diretto una “decina” mafiosa nel capoluogo ligure, occupandosi di attività illecite come il gioco clandestino del lotto e del totocalcio, assieme ad altri affiliati originari della Sicilia.

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