Seguici su:

Giudiziaria

Falso ideologico a vantaggio di alcune società che operano sulle navi

Pubblicato

il

La Procura della Repubblica di Gela, ha concluso le indagini preliminari, nei confronti del legale rappresentante, di alcuni dipendenti e capi turno di una società che opera presso il Porto Isola di Gela, espletanti un servizio a tutela della incolumità dei lavoratori portuali, nonché di salvaguardia della vita umana in mare,
per i reati di cui agli artt. 81,110,479 Codice Penale, nonché 1127 Codice della Navigazione, in ordine all’organizzazione del servizio di turnazione sulle proprie unità navali impegnate nel servizio di sfuggita e primo intervento presso il Porto Isola di Gela.
In particolare, all’esito delle indagini preliminari, sono stati ipotizzati i reati di falsità ideologica nella predisposizione della documentazione relativa alla turnazione aziendale al fine di procurare vantaggio alla società, contravvenendo alle norme che regolano l’impiego del personale marittimo imbarcato sulle unità navali.
L’attività investigativa è stata effettuata dai militari della Capitaneria di porto di Gela, nell’ambito dell’espletamento delle proprie attività di monitoraggio e controllo delle attività nel compartimento marittimo di Gela

clicca per commentare

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Giudiziaria

Don Rugolo condannato anche in Appello

Pubblicato

il

Tre anni di reclusione: è la sentenza emessa dalla Corte d’appello di Caltanissetta che ha condannato don Giuseppe Rugolo, il sacerdote ennese accusato di violenza sessuale su minorenni. I giudici hanno applicato l’attenuante della tenuità del fatto per due delle vittime individuate, rideterminando la sentenza di primo grado che era stata di quattro anni e sei mesi.

L’impianto dell’accusa ha retto anche in appello, come la credibilità del giovane archeologo Antonio Messina, sulla cui denuncia è stato incardinato il processo. La Corte d’appello ha estromesso la diocesi di Piazza Armerina dalla responsabilità civile

Continua a leggere

Giudiziaria

Sentenza amianto killer: difesa condannata

Pubblicato

il

Roma – Amianto killer nelle navi della Marina: la Difesa condannata in via definitiva a risarcire 400mila euro la famiglia di Michele Cannavò morto di mesotelioma.

La vittima è stata esposta senza protezione per 34 anni nei cantieri e sulle navi .

Una nuova, pesante condanna, appena passata in giudicato, quindi definitiva, per il Ministero della Difesa: il Tribunale Civile di Roma ha stabilito un risarcimento di circa 400mila euro in favore dei familiari di Michele Cannavò, motorista navale della Marina Militare, deceduto a causa di un mesotelioma pleurico provocato dall’esposizione prolungata all’amianto.

Cannavò, originario della provincia di Catania, e residente a Siracusa, ha servito per 34 anni lo Stato tra il servizio militare e civile, operando in ambienti contaminati e privi di adeguate protezioni. Imbarcato su diverse unità navali – tra cui la Nave Albatros e il MOC 1201 – e impiegato nell’Arsenale Militare di Augusta, è stato quotidianamente a contatto con fibre di amianto: nei motori, nei corridoi, nei rivestimenti delle condotte, fino agli stessi ambienti di vita delle navi.

Un’esposizione continua, intensa e silenziosa, che gli è costata la vita. La diagnosi è arrivata nel 2019. La morte, appena due mesi dopo.L’INAIL ha riconosciuto il nesso causale tra l’infermità e le mansioni svolte in Marina, nel periodo del servizio civile. Una conferma ulteriore della gravità della negligenza istituzionale.

“Finalmente giustizia per la famiglia Cannavò” – commenta Ezio Bonanni, Presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto e legale dei familiari – “Questo risarcimento non potrà restituire Michele ai suoi cari, ma rappresenta un passo in avanti verso la tutela delle vittime e la bonifica definitiva dell’amianto da navi e arsenali militari.”

Continua a leggere

Giudiziaria

Inchiesta Camaleonte: assolti gli imprenditori Luca e il dirigente di polizia Giudice

Pubblicato

il

Cade in primo grado l’impianto dell’inchiesta Camaleonte che ha coinvolto gli imprenditori Luca accusati di rapporti con clan mafiosi.

Il presidente del collegio penale Miriam D’Amore ha assolto tutti gli imputati perché il fatto non sussiste. Sono stati assolti il fondatore del gruppo Salvatore Luca, il figlio Rocco, il fratello Francesco, il genero Francesco Gallo, la moglie Concetta Lo Nigro, la figlia Maria Assunta Luca e la cognata Emanuela Lo Nigro. Tutti gli imputati hanno  respinto sempre l’accusa di legami con la mafia. I Luca si sono dichiarati, invece, vittime e hanno sostenuto che il loro patrimonio era frutto del lavoro. Lacrime,commozione e abbracci tra i componenti della famiglia Luca alla lettura del dispositivo di sentenza.

E’ stato assolto anche il dirigente di polizia Giovanni Giudice, che ha rinunciato alla prescrizione maturata. Era accusato di aver favorito i Luca, tesi sempre respinta.

La prescrizione, con esclusione dell’unica aggravante, è stata decisa per l’ altro poliziotto coinvolto Giovanni Arrogante. 

Continua a leggere

Più letti

Direttore Responsabile: Giuseppe D'Onchia
Testata giornalistica: G. R. EXPRESS - Tribunale di Gela n° 188 / 2018 R.G.V.G.
Publiedit di Mangione & C. Sas - P.iva: 01492930852
Pubblicità