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In scena il “Lungo pranzo di Natale” di Wilder

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Dal 7 dicembre il popolarissimo testo del drammaturgo, riproposto da Buongiorno Sicilia per la regia di Giovanni Anfuso, sarà rappresentato prima nell’Auditorium di via Zurria, poi nel Castello di Leucatia.  In scena undici attori seduti a tavola con il pubblico per far rivivere la vicenda umana, tra gioia e dolori, di una famiglia-simbolo, i Bayard. Quaranta spettatori a replica e la necessità di prenotare

“Questo spettacolo narra la storia dei Bayard e si svolge tutto durante un Lungo pranzo di Natale: i protagonisti si raccontano, mentre sono a tavola a mangiare il tacchino, gioie e dolori, nascite e morti, tra brindisi, regali e aneddoti: è la vita, insomma, di una qualsiasi famiglia, americana in questo caso, ma che potrebbe essere benissimo anche italiana”.

Così l’attrice Liliana Randi descrive An american Christmas storylavoro teatrale del 1931 che si deve al drammaturgo americano Thornton Wilder e che – prodotto da Buongiorno Sicilia nell’ambito del progetto Palcoscenico Catania. La bellezza senza confini – il regista Giovanni Anfuso sta provandonel Palazzo della Cultura etneo.

Lo spettacolo sarà rappresentato, almeno inizialmente, con due repliche a sera (alle 20.30 e alle 22dal 7 al 10 dicembre nello spazio polivalente dell’ex Mattatoio di via Zurria e dal 15 al 18 nel Castello di via Leucatia. Dove andrà in scena fino al 18 dicembre.

Nel Lungo pranzo di Natale l’attrice interpreta Lucia, moglie di Roderick, la perfetta padrona di casa che “riceve i parenti che arrivano, dialoga con figli e nipoti, è, insomma, la stirpe stessa dei Bayard”.

Con Liliana Randi sulla scena ci saranno altri dieci attori, in ordine d’apparizione Davide Sbrogiò, Anna Passanisi, Santo Santonocito, Angelo D’Agosta, Chiaraluce Fiorito, Maria Rita Sgarlato, Francesco Rizzo, Greta D’Antonio, Michele Carvello.

Le scene e i costumi del Lungo pranzo di Natale portano la firma di Riccardo Cappello, le musiche sono di Paolo Daniele, le luci di Davide La Colla, aiuto regista è Agnese Failla, assistente alla regia è Francesco Rizzo mentre del suono si occupa Enzo Valenti.

E con gli undici attori (che interpretano dodici personaggi), ci saranno in scena anche quaranta spettatori, che, per volere del regista, a ogni replica rimarranno seduti a tavola con i protagonisti.  

Occorrerà dunque acquistare il biglietto (15 euro compreso il diritto di prevendita) attraverso il circuito Box Office Sicilia (www.boxofficesicilia.it), sia on line sia nelle rivendite. Per informazioni, sarà possibile telefonare anche al numero di Buongiorno Sicilia (3476380512) oppure seguire tutti gli aggiornamenti sulla pagina Facebook dello spettacolo https://www.facebook.com/ilLungoPranzoDiNatale .

Per ogni replica, dunque, attori e spettatori saranno chiamati a celebrare il grande rito della Festa di famiglia per antonomasia. Che in questo lavoro, come descritto dall’autore, dura novant’anni perché narra le vicende di quattro generazioni.

Certo del successo dello spettacolo – molto popolare nei Paesi anglosassoni per via delle numerose riduzioni televisive – è Davide Sbrogiò, che interpreta Roderick, marito di Lucia, “un uomo molto elegante, esponente di un ceto molto agiato, un conservatore che crede nei valori tradizionali, come la famiglia. ‘Il tempo – dice – non passa mai così lentamente come quando aspettiamo che i nostri ragazzi crescano e prendano la loro strada’”. Parla spesso, Roderick, della sua azienda, sottolinea Sbrogiò, “definendola ‘la vera forza di un grande Paese’”.

“Ma dietro l’apparente perfezione – conclude – cela la sua dipendenza dall’alcool. Un vizio che gli impedirà di assistere a molti pranzi di Natale”.

L’attrice Maria Rita Sgarlato è invece Leonora Benning, “una tipica, giovane e bella americana di provincia, che fa il suo ingresso nella famiglia Bayard per la prima volta proprio per un pranzo di Natale”.

“Ma ce ne saranno altri – aggiunge – per raccontare dei figli che arrivano e che se ne vanno. È la parabola della vita di una donna che, borghese e conformista, si accorgerà che i figli le sfuggono di mano. E le sferzate che riceverà dalla vita la segneranno”.

La famiglia-simbolo dei Bayard, insomma, finisce con l’essere sovrapponibile ai nostri gruppi familiari mediterranei, siciliani. E – purtroppo – le vicende vissute, dalla guerra alla depressione economica – non sono distanti da quelle attuali. Così come le gioie, i momenti di felicità che arricchiscono l’animo umano. Come solo a Natale può accadere. Dappertutto

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Lo Scrivo a Il Gazzettino di Gela

La promozione dei valori della democrazia

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Dal prof.Nuccio Mulè riceviamo e pubblichiamo

La constatazione negli ultimi decenni di vedere manifestazioni pubbliche commemorative non sentite e sempre più disertate, appannaggio solo delle Forze dell’Ordine e delle Associazioni d’Arma, sembra dimostrare che la nostra città è di fronte ad un’arretratezza culturale in cui la storia nazionale e, peggio ancora, quella locale pagano lo scotto di un disinteresse atavico delle istituzioni con la Scuola in primo piano che, soprattutto come sistema formativo, ha fatto e fa poco e niente per divulgare e far conoscere ai giovani la storia locale ma anche quella nazionale riferita in particolare alla Seconda Guerra Mondiale. 

Scuola che, al di là di rari casi nell’ambito delle direttive ministeriali, secondo il parere dello scrivente, ha fatto poco per promuovere i valori della democrazia, della giustizia, dell’uguaglianza e dell’educazione ambientale. E la recente reintroduzione dell’Educazione Civica nelle scuole ne è una dimostrazione, si spera solo che non faccia la stessa fine di quella che c’era prima, considerata spesso opzionale.

La scuola, oltre alla famiglia, nella sua azione formativa dovrebbe considerare primario il compito di formare il cittadino secondo i fondamenti di una civile convivenza e secondo i dettami della Costituzione i cui valori purtroppo oggi risultano sconosciuti e dimenticati dai più, docenti compresi.

La Costituzione, nata dalla Resistenza, al di là della contiguità temporale, ha avuto un sedimento culturale che è maturato grazie alle diverse esperienze di tre generazioni, oltre al fatto che essa deve la sua struttura e il suo spirito alle diverse matrici ideologiche dell’antifascismo. Antifascismo che, visti i rigurgiti fascisti di oggi, sarebbe opportuno rafforzare e rivivificare in tutte le sue componenti.

Una situazione poco studiata se non trascurata dalla storiografia ufficiale, è quella relativa all’attività dei Comitati di Liberazione Nazionale nel territorio siciliano, alla pari degli altri operanti nella Penisola, che ebbero una proficua operosità sia a Palermo che in tutti i centri dell’Isola, Gela compresa, con un notevole contributo alla rinascita della democrazia. 

Quindi, sarebbe opportuno ed efficace che quanto accaduto a Gela in quel periodo diventasse oggetto di studio e di ricerca, non fosse altro per avere un quadro storico più ampio sul contributo della città alla causa nazionale della Liberazione.

Negli archivi degli istituti storici presenti in molte regioni d’Italia si riscontrano centinaia di migliaia di nominativi che parteciparono alla Resistenza a partire dagli anni Quaranta, in particolare in quello dell’Istituto Storico della Resistenza di Torino si trovano gli elenchi dei partigiani che operarono in Piemonte con una lista di quasi centomila nominativi.  

Nell’archivio del DGA (Direzione Generale Archivi) del Ministero della Cultura, alla voce “I Partigiani d’Italia – Lo schedario delle commissioni per il riconoscimento degli uomini e delle donne della Resistenza”, si trovano gli elenchi dei partigiani che operarono in tutte le regioni italiane a partire dagli anni Quaranta. Per quanto riguarda la Sicilia tali elenchi contengono 6.554 nominativi di partigiani ripartiti nelle nove province: Palermo con 1.619, Catania con 1.101, Messina con 1.082, Agrigento con 613, Caltanissetta con 419, Trapani con 542, Enna con 364, Siracusa con 466 e Ragusa con 348. Per il Comune di Gela compaiono 60 nominativi a cui se ne aggiungono altri 20 della ricerca dello scrivente, portando il numero totale, certamente non definitivo, a 80 partigiani gelesi di cui tre donne: Angela Crapanzano, Rosaria Felici e Angela Puzzo.

Infine, un capitolo a parte è rappresentato dai gelesi antifascisti che in diverso modo durante il regime operarono a Gela e in collegamento con diversi esponenti in altre città; il loro numero fino ad oggi arriva a 57, tra essi si citano oltre all’On. Salvatore Aldisio, il Prof. Vincenzo Giunta, l’anarchico Gaetano Di Bartolo Milana e gli insegnanti Giovanni Mangione, Rocco Tignino e Gina Pane.

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Lo Scrivo a Il Gazzettino di Gela

25 Aprile, viva il Sud

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Dallo psichiatra Franco Lauria riceviamo e pubblichiamo

Garibaldi e i Savoia sono stati peggio dei Nazisti nel sud Italia. La resistenza partigiana contro i nazifascisti che è durata all’incirca un anno ha coinvolto soprattutto il Nord Italia. Nel sud c’è stata poca cosa. A Gela nulla.La devastazione, le stragi, le esecuzioni di massa, gli incendi, i furti dentro le case, gli omicidi, lo sterminio dei partigiani del Sud, per oltre 10 anni dal 1860 al 1870 sino alla definitiva distruzione del regno delle due Sicilie, ex Magna Grecia , ha dato inizio alla questione meridionale, alla povertà del Sud e all’emigrazione che dura tuttora. Ebbene non una parola, non una data dedicata alla commemorazione dei partigiani del Sud. Non c’è un 25 Aprile a ricordare gli eroi del Sud nella lotta contro il barbaro invasore Savoiardo. Oggi a causa loro noi siciliani e gente del Meridione siamo ridotti in miseria. Ed il Nord invece è decollato con i nostri soldi, con i soldi della Magna Grecia rubati da Garibaldi e dai Savoia nel Banco di Palermo e di Napoli, compreso tutto l’oro e le pietre preziose dei Borbone. E poi tasse obbligatorie che erano veri e propri pizzi mafiosi. E poi leva obbligatoria per 5 anni per tutti i giovani maschi del Sud costretti a arruolarsi nell’esercito piemontese per uccidere i propri fratelli partigiani del Sud. Ebbene, non c’è una data a ricordare i partigiani nostri, siciliani e meridionali contro i Savoia assassini e stupratori.E cosa c’è? C’è il 25 Aprile per ricordare i partigiani del Nord contro il nazifascismo.La loro resistenza è anche la nostra? Solo in parte. Noi non siamo stati ridotti alla miseria, noi terza potenza mondiale, non siamo stati assassinati, massacrati, devastati dai nazifascisti. La questione meridionale non è nata a causa del nazifascismo, ma dei Savoia, degli inglesi e dei francesi loro mandanti.Ebbene non c’è un 25 Aprile a ricordare l’origine della questione meridionale, di 160 anni di umiliazione, di emigrazione in America, di interi paesi bruciati. Noi siamo stati trattati peggio degli indiani d’America, peggio degli africani. I Savoia, un certo Cialdini, sono stati veri assassini e ladri. Ed invece?Invece il Sud e Gela sono pieni di strade intitolate a Garibaldi ed ai Savoia, compreso il Corso principale di Gela intestato a un Savoia. I vincitori hanno riscritto la Storia e noi meridionali siamo diventati una colonia del Nord senza memoria. E cosa festeggiamo, cosa ricordiamo? I partigiani antifascisti del Nord Italia dimenticandoci totalmente dei partigiani meridionali anti-Savoia. I Savoia hanno vinto due volte. Quando hanno devastato il Sud e quando hanno riscritto la Storia. Onore e Gloria perenne ai partigiani del Sud anti-Savoia. Il 25 Aprile, il nostro 25 Aprile, non può essere dedicato ai partigiani nordici antifascisti, ma ai partigiani meridionali anti-Savoia. Viva il Sud!

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Cucina

Lo chef Totò Catania propone: Frittata a forno di porri, pecorino e tartufo

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Questa volta vi racconto di un pranzetto coi fiocchi che ho preparato per il personale prima di un servizio domenicale. Molto spesso chi lavora in cucina consuma pasti frugali e veloci, a volte in piedi, sempre di fretta senza quelle cure che si riservano ai clienti. Ma dato che avevo in frigo una partita di porri un po’ vecchiotti che nel nuovo menù del ristorante non hanno trovato spazio, ho deciso di deliziare i miei collaboratori con un pasto sì veloce da preparare ma di una goduria degna di un piatto da re. Mi sono recato a lavoro giusto mezz’oretta prima, il tempo necessario per questa ricetta.

Mondate e lavate i porri facendo attenzione a possibili residui di terra ed affettateli grossolanamente. In una casseruola con olio e burro fate appassire i porri avendo cura di salare, pepare e rimestare di tanto in tanto, per evitare una rosolatura troppo aggressiva potete aiutarvi con un goccio d’acqua, i porri dovranno diventare morbidi e leggermente dorati. In una ciotola tuffate delle uova (io ne ho usate 10 per 4 persone, bello abbondante) e sbattete energicamente.

Aggiungete una dose generosa di pecorino romano grattugiato ed un pizzico di timo. Incorporate i porri alle uova e riponete il composto in una teglia di medie dimensioni che andrà in forno a 160 gradi per 15/20 minuti fino a quando la frittata non risulterà soffice e dorata. Il vantaggio di una cottura a forno della frittata consiste in una sofficità e morbidezza molto gradevole. Inoltre preparata in questo modo non serve girare la frittata come quando si prepara in padella.

Per completare il godimento ho messo due gocce di olio al tartufo come fosse Chanel n.5 e schiaffato il tutto dentro i panini. Voi se proprio volete esagerare concedetevi una bella grattugiata di tartufo nero. La frittata di porri e pecorino è già ottima così ma col tartufo raggiunge il livello di capolavoro. Ogni tanto ci trattiamo bene pure noi…

Chef Totò Catania

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Direttore Responsabile: Giuseppe D'Onchia
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