La prospettiva di libertà è durata solo due anni per Luca Parrinello. Torna l’incubo.
Vi ricordate Luca Parrinello, il disabile protagonista di una lunga battaglia legale per ottenere la semplice libertà di uscire di casa?
La sua storia è diventata un caso di cui hanno parlato le testate giornalistiche più importanti. Quanta rabbia hanno suscitato le immagini degli agenti che rimuovevano la passerella che gli permetteva di uscire agevolmente di casa…Ebbene ci risiamo!
La proprietaria del locale sito al piano terra, ha citato in giudizio i genitori di Luca, proprietari dell’appartamento in cui vive con la moglie ed i loro due figli minori. Ha chiesto al Tribunale di rimuovere l’ascensore in quando lederebbe la distanza stabilita dalla legge rispetto alla sua proprietà e perché impedirebbe la visuale.
Ed oggi è avvenuto il sopralluogo del CTU nominato dal Giudice del Tribunale di Gela.
In pratica tutto da rifare. Nuova ‘carta bollata’ da usare per vantare il diritto alla mobilità.
Luca dal 2006 è costretto a vivere su una sedia a rotelle, a seguito di un incidente che lo ha privato dell’uso delle gambe. Dal 19 marzo del 2015 è rimasto recluso in casa, da quando cioè è stata abbattuta la passerella, non conforme ai dettami della legge, che gli garantiva l’accesso e l’uscita direttamente dalla sua camera da letto. Una passerella costruita in parte dallo stesso Luca a seguito di un iniziale accordo verbale con la proprietaria di casa. Non ci sono altre vie d’accesso per lui. Una trentina di gradini, senza scivoli, dal portone conducono all’uscio di casa lo separano dal mondo. Eppure ha il mare infinito davanti il suo balcone…. L’accordo con la vicina di casa è venuto meno e Luca si è visto costretto a smontare quella passerella che per lui rappresentava la libertà. E l’infinito ha avuto un confine.
Nel 2017 ha ottenuto il permesso per poter costruire un ascensore all’esterno dell’immobile in cui vive, al lungomare. Il permesso, gli era stato consegnato personalmente dall’allora sindaco di Gela Domenico Messinese.
Ricomincia la battaglia legale per i suoi avvocati Rosario Lumia ed Orazio Rinelli che di questa storia hanno fatto una crociata e lo seguiranno ancora in questo giudizio civile. Oggi Luca ha 40 anni, con tanta esperienza alle spalle, dolore e rabbia ma anche tanta grinta per ricominciare a lottare per il diritto alla libertà ed al movimento.
Tre anni di reclusione: è la sentenza emessa dalla Corte d’appello di Caltanissetta che ha condannato don Giuseppe Rugolo, il sacerdote ennese accusato di violenza sessuale su minorenni. I giudici hanno applicato l’attenuante della tenuità del fatto per due delle vittime individuate, rideterminando la sentenza di primo grado che era stata di quattro anni e sei mesi.
L’impianto dell’accusa ha retto anche in appello, come la credibilità del giovane archeologo Antonio Messina, sulla cui denuncia è stato incardinato il processo. La Corte d’appello ha estromesso la diocesi di Piazza Armerina dalla responsabilità civile
Roma – Amianto killer nelle navi della Marina: la Difesa condannata in via definitiva a risarcire 400mila euro la famiglia di Michele Cannavò morto di mesotelioma.
La vittima è stata esposta senza protezione per 34 anni nei cantieri e sulle navi .
Una nuova, pesante condanna, appena passata in giudicato, quindi definitiva, per il Ministero della Difesa: il Tribunale Civile di Roma ha stabilito un risarcimento di circa 400mila euro in favore dei familiari di Michele Cannavò, motorista navale della Marina Militare, deceduto a causa di un mesotelioma pleurico provocato dall’esposizione prolungata all’amianto.
Cannavò, originario della provincia di Catania, e residente a Siracusa, ha servito per 34 anni lo Stato tra il servizio militare e civile, operando in ambienti contaminati e privi di adeguate protezioni. Imbarcato su diverse unità navali – tra cui la Nave Albatros e il MOC 1201 – e impiegato nell’Arsenale Militare di Augusta, è stato quotidianamente a contatto con fibre di amianto: nei motori, nei corridoi, nei rivestimenti delle condotte, fino agli stessi ambienti di vita delle navi.
Un’esposizione continua, intensa e silenziosa, che gli è costata la vita. La diagnosi è arrivata nel 2019. La morte, appena due mesi dopo.L’INAIL ha riconosciuto il nesso causale tra l’infermità e le mansioni svolte in Marina, nel periodo del servizio civile. Una conferma ulteriore della gravità della negligenza istituzionale.
“Finalmente giustizia per la famiglia Cannavò” – commenta Ezio Bonanni, Presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto e legale dei familiari – “Questo risarcimento non potrà restituire Michele ai suoi cari, ma rappresenta un passo in avanti verso la tutela delle vittime e la bonifica definitiva dell’amianto da navi e arsenali militari.”
Cade in primo grado l’impianto dell’inchiesta Camaleonte che ha coinvolto gli imprenditori Luca accusati di rapporti con clan mafiosi.
Il presidente del collegio penale Miriam D’Amore ha assolto tutti gli imputati perché il fatto non sussiste. Sono stati assolti il fondatore del gruppo Salvatore Luca, il figlio Rocco, il fratello Francesco, il genero Francesco Gallo, la moglie Concetta Lo Nigro, la figlia Maria Assunta Luca e la cognata Emanuela Lo Nigro. Tutti gli imputati hanno respinto sempre l’accusa di legami con la mafia. I Luca si sono dichiarati, invece, vittime e hanno sostenuto che il loro patrimonio era frutto del lavoro. Lacrime,commozione e abbracci tra i componenti della famiglia Luca alla lettura del dispositivo di sentenza.
E’ stato assolto anche il dirigente di polizia Giovanni Giudice, che ha rinunciato alla prescrizione maturata. Era accusato di aver favorito i Luca, tesi sempre respinta.
La prescrizione, con esclusione dell’unica aggravante, è stata decisa per l’ altro poliziotto coinvolto Giovanni Arrogante.