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Giudiziaria

Relazione Dia: “Clan gelesi agiscono in silenzio e sono infiltrati nel settore socio-economico”

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La tendenza della criminalità organizzata a prediligere una silente infiltrazione nel tessuto socio-economico, sembra consolidarsi nella provincia nissena. Le attività di contrasto delle Forze di Polizia evidenziano come il territorio risenta dell’influenza di famiglie mafiose appartenenti a cosa nostra e stidda le quali tendono generalmente al raggiungimento di accordi per la spartizione del mercato dell’illecito.

E’ quanto emerge dalla relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia, presentata al Senato. L’articolazione di cosa nostra nissena rimane invariata.Nella parte settentrionale della provincia sono presenti i mandamenti di Mussomeli e Vallelunga Pratameno, sotto l’influenza dei Madonia mentre sul versante meridionale operano i mandamenti di Riesi e Gela. Nell’ambito di quest’ultimo oltre alla famiglia di Niscemi, sono attive le locali famiglie di cosa nostra degli Emmanuello e dei Rinzivillo. La stidda continua a conservare un’influenza nei territori di Gela e Niscemi.

Un estratto della Procura della Repubblica di Gela come riportato nella relazione per l’inaugurazione dell’anno giudiziario 2022 della Procura Generale della Repubblica di Caltanissetta afferma tra l’altro che “il circondario di Gela è afflitto da una allarmante e peculiare (unico centro siciliano) situazione criminale, atteso che insistono sul territorio ben tre perniciose ed aggressive associazioni mafiose, riconducibili rispettivamente a “cosa nostra”, “stidda” e clan Alferi, che compiono fatti delittuosi particolarmente inquietanti….”.Il venir meno di omicidi direttamente riconducibili alla mafia avvalora ancora di più l’inversione di tendenza che le organizzazioni hanno adottato cioè evitare il più possibile episodi di violenza che potrebbero fare “riaccendere” i riflettori su uno scenario criminale che invece agisce ormai subdolamente. Il principale scopo è quello di infiltrarsi in settori produttivi che gestiscono i principali flussi di denaro attraverso l’aggiudicazione di appalti pubblici e privati,forniture e servizi vari o comunque trarre da essi profitti illeciti da reimpiegare anche attraverso il ricorso a prestanomi nei canali economici legali. Inoltre i sodalizi mafiosi gestiscono sul territorio il traffico degli stupefacenti, le estorsioni ed il riciclaggio. A tale riguardo anche nel semestre in esame sono state eseguite operazioni di contrasto nei confronti delle consorterie mafiose.

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Giudiziaria

Don Rugolo condannato anche in Appello

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Tre anni di reclusione: è la sentenza emessa dalla Corte d’appello di Caltanissetta che ha condannato don Giuseppe Rugolo, il sacerdote ennese accusato di violenza sessuale su minorenni. I giudici hanno applicato l’attenuante della tenuità del fatto per due delle vittime individuate, rideterminando la sentenza di primo grado che era stata di quattro anni e sei mesi.

L’impianto dell’accusa ha retto anche in appello, come la credibilità del giovane archeologo Antonio Messina, sulla cui denuncia è stato incardinato il processo. La Corte d’appello ha estromesso la diocesi di Piazza Armerina dalla responsabilità civile

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Giudiziaria

Sentenza amianto killer: difesa condannata

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Roma – Amianto killer nelle navi della Marina: la Difesa condannata in via definitiva a risarcire 400mila euro la famiglia di Michele Cannavò morto di mesotelioma.

La vittima è stata esposta senza protezione per 34 anni nei cantieri e sulle navi .

Una nuova, pesante condanna, appena passata in giudicato, quindi definitiva, per il Ministero della Difesa: il Tribunale Civile di Roma ha stabilito un risarcimento di circa 400mila euro in favore dei familiari di Michele Cannavò, motorista navale della Marina Militare, deceduto a causa di un mesotelioma pleurico provocato dall’esposizione prolungata all’amianto.

Cannavò, originario della provincia di Catania, e residente a Siracusa, ha servito per 34 anni lo Stato tra il servizio militare e civile, operando in ambienti contaminati e privi di adeguate protezioni. Imbarcato su diverse unità navali – tra cui la Nave Albatros e il MOC 1201 – e impiegato nell’Arsenale Militare di Augusta, è stato quotidianamente a contatto con fibre di amianto: nei motori, nei corridoi, nei rivestimenti delle condotte, fino agli stessi ambienti di vita delle navi.

Un’esposizione continua, intensa e silenziosa, che gli è costata la vita. La diagnosi è arrivata nel 2019. La morte, appena due mesi dopo.L’INAIL ha riconosciuto il nesso causale tra l’infermità e le mansioni svolte in Marina, nel periodo del servizio civile. Una conferma ulteriore della gravità della negligenza istituzionale.

“Finalmente giustizia per la famiglia Cannavò” – commenta Ezio Bonanni, Presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto e legale dei familiari – “Questo risarcimento non potrà restituire Michele ai suoi cari, ma rappresenta un passo in avanti verso la tutela delle vittime e la bonifica definitiva dell’amianto da navi e arsenali militari.”

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Giudiziaria

Inchiesta Camaleonte: assolti gli imprenditori Luca e il dirigente di polizia Giudice

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Cade in primo grado l’impianto dell’inchiesta Camaleonte che ha coinvolto gli imprenditori Luca accusati di rapporti con clan mafiosi.

Il presidente del collegio penale Miriam D’Amore ha assolto tutti gli imputati perché il fatto non sussiste. Sono stati assolti il fondatore del gruppo Salvatore Luca, il figlio Rocco, il fratello Francesco, il genero Francesco Gallo, la moglie Concetta Lo Nigro, la figlia Maria Assunta Luca e la cognata Emanuela Lo Nigro. Tutti gli imputati hanno  respinto sempre l’accusa di legami con la mafia. I Luca si sono dichiarati, invece, vittime e hanno sostenuto che il loro patrimonio era frutto del lavoro. Lacrime,commozione e abbracci tra i componenti della famiglia Luca alla lettura del dispositivo di sentenza.

E’ stato assolto anche il dirigente di polizia Giovanni Giudice, che ha rinunciato alla prescrizione maturata. Era accusato di aver favorito i Luca, tesi sempre respinta.

La prescrizione, con esclusione dell’unica aggravante, è stata decisa per l’ altro poliziotto coinvolto Giovanni Arrogante. 

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Direttore Responsabile: Giuseppe D'Onchia
Testata giornalistica: G. R. EXPRESS - Tribunale di Gela n° 188 / 2018 R.G.V.G.
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