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Giudiziaria

Aveva il covid e ha perso il concorso: riammessa

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Una giovane laureata di anni 29 residente a Palermo ha partecipato al concorso pubblico per titoli ed esami, volto alla copertura di 1.858 posti per consulenti alla protezione sociale, bandito dall’I.N.P.S. nell’ottobre del 2020.

Il suddetto concorso prevedeva lo svolgimento di una prova preselettiva, due prove scritte e una prova orale finale. La Dott.ssa G.P., avendo superato la prova preselettiva, veniva ammessa alla prima delle due prove scritte, tuttavia, nel giorno immediatamente precedente alle date di svolgimento della suddetta prova, la candidata accusava dei sintomi riconducibili alla malattia del Covid-19. Ed in effetti, a seguito di un esame tramite tampone antigenico, la stessa risultava positiva al Covid-19.

Visto il proprio stato di salute, alla concorrente risultava impossibile recarsi a Roma per l’espletamento della prova d’esame in parola, pertanto, con PEC inviata all’I.N.P.S., la stessa richiedeva il differimento della propria prova scritta, allegando anche la documentazione medica comprovante la sua positività al Covid-19.

Tuttavia, l’I.N.P.S., sempre a mezzo PEC, rigettava la richiesta di differimento inviata dalla Dott.ssa G.P., informandola che “non sono previste date suppletive per le prove concorsuali in esame”.

In seguito alle determinazioni prese dall’I.N.P.S., la dott.ssa G.P. non ha potuto partecipare alla prima prova scritta, e per tale mancata partecipazione, la stessa si è vista esclusa dal concorso in parola. Alla luce di tale estromissione la concorrente, difesa dagli Avv.ti Girolamo Rubino e Giuseppe Impiduglia, ha impugnato innanzi al T.A.R. Lazio gli atti del suddetto ricorso. In particolare gli Avv.ti Rubino e Impiduglia, hanno dedotto l’illogicità e l’irragionevolezza della mancata previsione da parte dell’I.N.P.S. di prove suppletive idonee a garantire la partecipazione al concorso, anche per quei candidati sottoposti ad isolamento domiciliare in ragione della loro positività al Covid-19. Com’è noto infatti, i soggetti positivi al Covid-19 al fine di evitare la possibile diffusione della malattia, sono tenuti per legge a porsi in isolamento domiciliare e a rispettare specifiche condotte di prevenzione del tutto incompatibili con l’utilizzo di mezzi pubblici o con la partecipazione ad una prova concorsuale.

Il T.A.R. Lazio, ha accolto la domanda cautelare proposta dagli Avv.ti Rubino e Impiduglia, ha disatteso la tesi difensiva dell’I.N.P.S., ritenendo che la cessazione dello stato di emergenza inerente alla pandemia da Sars-Cov2, non faccia venir meno l’obbligo delle Amministrazioni di disporre delle prove suppletive per i soggetti sintomatici o accertatamente positivi al Covid-19.

Dunque, per l’effetto della succitata ordinanza, la dott.ssa G.P. potrà svolgere la prova d’esame a cui non ha potuto partecipare in ragione della propria positività al coronavirus

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Giudiziaria

Don Rugolo condannato anche in Appello

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Tre anni di reclusione: è la sentenza emessa dalla Corte d’appello di Caltanissetta che ha condannato don Giuseppe Rugolo, il sacerdote ennese accusato di violenza sessuale su minorenni. I giudici hanno applicato l’attenuante della tenuità del fatto per due delle vittime individuate, rideterminando la sentenza di primo grado che era stata di quattro anni e sei mesi.

L’impianto dell’accusa ha retto anche in appello, come la credibilità del giovane archeologo Antonio Messina, sulla cui denuncia è stato incardinato il processo. La Corte d’appello ha estromesso la diocesi di Piazza Armerina dalla responsabilità civile

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Giudiziaria

Sentenza amianto killer: difesa condannata

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Roma – Amianto killer nelle navi della Marina: la Difesa condannata in via definitiva a risarcire 400mila euro la famiglia di Michele Cannavò morto di mesotelioma.

La vittima è stata esposta senza protezione per 34 anni nei cantieri e sulle navi .

Una nuova, pesante condanna, appena passata in giudicato, quindi definitiva, per il Ministero della Difesa: il Tribunale Civile di Roma ha stabilito un risarcimento di circa 400mila euro in favore dei familiari di Michele Cannavò, motorista navale della Marina Militare, deceduto a causa di un mesotelioma pleurico provocato dall’esposizione prolungata all’amianto.

Cannavò, originario della provincia di Catania, e residente a Siracusa, ha servito per 34 anni lo Stato tra il servizio militare e civile, operando in ambienti contaminati e privi di adeguate protezioni. Imbarcato su diverse unità navali – tra cui la Nave Albatros e il MOC 1201 – e impiegato nell’Arsenale Militare di Augusta, è stato quotidianamente a contatto con fibre di amianto: nei motori, nei corridoi, nei rivestimenti delle condotte, fino agli stessi ambienti di vita delle navi.

Un’esposizione continua, intensa e silenziosa, che gli è costata la vita. La diagnosi è arrivata nel 2019. La morte, appena due mesi dopo.L’INAIL ha riconosciuto il nesso causale tra l’infermità e le mansioni svolte in Marina, nel periodo del servizio civile. Una conferma ulteriore della gravità della negligenza istituzionale.

“Finalmente giustizia per la famiglia Cannavò” – commenta Ezio Bonanni, Presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto e legale dei familiari – “Questo risarcimento non potrà restituire Michele ai suoi cari, ma rappresenta un passo in avanti verso la tutela delle vittime e la bonifica definitiva dell’amianto da navi e arsenali militari.”

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Giudiziaria

Inchiesta Camaleonte: assolti gli imprenditori Luca e il dirigente di polizia Giudice

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Cade in primo grado l’impianto dell’inchiesta Camaleonte che ha coinvolto gli imprenditori Luca accusati di rapporti con clan mafiosi.

Il presidente del collegio penale Miriam D’Amore ha assolto tutti gli imputati perché il fatto non sussiste. Sono stati assolti il fondatore del gruppo Salvatore Luca, il figlio Rocco, il fratello Francesco, il genero Francesco Gallo, la moglie Concetta Lo Nigro, la figlia Maria Assunta Luca e la cognata Emanuela Lo Nigro. Tutti gli imputati hanno  respinto sempre l’accusa di legami con la mafia. I Luca si sono dichiarati, invece, vittime e hanno sostenuto che il loro patrimonio era frutto del lavoro. Lacrime,commozione e abbracci tra i componenti della famiglia Luca alla lettura del dispositivo di sentenza.

E’ stato assolto anche il dirigente di polizia Giovanni Giudice, che ha rinunciato alla prescrizione maturata. Era accusato di aver favorito i Luca, tesi sempre respinta.

La prescrizione, con esclusione dell’unica aggravante, è stata decisa per l’ altro poliziotto coinvolto Giovanni Arrogante. 

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Direttore Responsabile: Giuseppe D'Onchia
Testata giornalistica: G. R. EXPRESS - Tribunale di Gela n° 188 / 2018 R.G.V.G.
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