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Lo Scrivo a Il Gazzettino di Gela

Due anni di attesa per ottenere i compensi e non si vede la luce in fondo al tunnel

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Dopo gli innumerevoli reclami fatti ad oggi sono un migliaio i tirocinanti pagati dalla regione siciliana, mentre per gli altri aspettano il primo pagamento da 2 anni e mezzo dal tirocinio concluso. Il Parlamento regionale della Sicilia avrebbe dovuto essere il garante dei diritti costituzionali dei lavoratori ed avrebbe dovuto risolvere con un suo intervento l’annosa vicenda.

Al contrario invece le istituzioni della politica regionale siciliana non fanno altro che nascondersi per non  risolvere il reale  motivo dei ritardi su pagamenti dovuti.

Molti tirocinanti sono in attesa di essere pagati dalla Regione siciliana da oltre 2 anni e mezzo e non si vede la luce in fondo al tunnel. Ad oggi non ci sarebbe una via d’uscita da questo labirinto burocratico.

Restano in attesa dei compensi circa 500 tirocinanti e non ci sono tempi previsti per concludere tutti i  pagamenti.

Ogni giorno che passa si affievolisce la fiducia nelle istituzioni della politica regionale siciliana e sono arrivato a tal punto di essere indignato.  

I tirocinanti sono lavoratori che hanno il diritto di essere tutelati. Sono persone che hanno lavorato presso enti pubblici e privati e molti non hanno ancora ricevuto quanto gli spetta per il lavoro svolto.

Se da una parte la speranza è l’ultima a morire, dall’altra la politica regionale non si pronuncia e non da rassicurazioni in merito.

Tra intoppi burocratici ed amministrativi i tirocinanti rischiano di non essere più pagati e questo ha un peso maggiore in questo periodo storico nel quale siamo costretti ad affrontare una crisi economica senza precedenti.

I tirocinanti, alla fine del loro percorso formativo, sono  rimasti in buona parte disoccupati e questo la dice lunga sulla inutilità delle misure delle politiche attive del lavoro adottate dalla Regione Sicilia che non garantiscono l’occupazione se non nello sfruttamento a tempo dei poveri disoccupati siciliani.

Il bando dell’Avviso 22 dei tirocini formativi e stato organizzato dall’Assessorato al lavoro della  Regione siciliana, devono essere gli stessi organi competenti  risolvere gli intoppi burocratici amministrativi per i pagamenti dei tirocinanti. 

Addirittura alcuni, che stanno procedendo per vie legali, hanno  iniziato il tirocinio nel 2019 e da li in poi sono rimasti invischiati in un marasma di ritardi burocratici che hanno bloccato il pagamento delle loro spettanze.

I tirocini dovrebbero rientrare in quell’ottica di rafforzare le politiche attive del lavoro del mezzogiorno, proprio con percorsi formativi che aumentino la coesione sociale per lo sviluppo delle attività e delle competenze professionali per una occupazione stabile con contratti di lavoro nazionale a tempo indeterminato che garantiscano uno stipendio mensile al di sopra della soglia del reddito di cittadinanza.

La vicenda dei tirocinanti è un quadro molto triste e l’emblema di una sicilia allo sbando che ancora oggi non trova soluzioni alternative per venire incontro ai bisogni dei siciliani.

Ad un passo dalle nuove elezioni regionali nessuna delle forze politiche che governano la Sicilia starebbe pensando ad un progetto lavorativo efficace inserendolo nel loro programma.

Come sempre in questi casi si pensa sempre più ad un modo per garantirsi la poltrona senza pensare minimamente ai nostri giovani costretti a cercare lavoro lontano dagli affetti e dalla loro terra nativa.

Oreste Lauria portavoce dei tirocinanti dell’avviso 22.

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“E’ una società di uomini soli, senza famiglia, senza empatia, senza amore”

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Dallo psichiatra Franco Lauria, riceviamo e pubblichiamo

200 padri separati si suicidano ogni anno: silenzio assoluto; 100 femminicidi ogni anno: un casino che non finisce mai. Non c’è rispetto per i maschi. I maschi di cui si parla, anzi si sparla, sono solo i narcisisti patologici. Questi 100 maschi assassini vengono strumentalizzati dai media e dalle femministe per rappresentare tutti i maschi italiani come potenziali assassini e far passare leggi sempre più restrittive e punitive per tutti i 30 milioni di maschi italiani. Anche per quelli che non farebbero del male nemmeno se una mosca gli girasse intorno. Nessuno vuole analizzare i motivi sociali e culturali che stanno a monte di questi omicidi e mettere sotto accusa le basi culturali della nostra società. La cultura della società postcapitalista è basata sull’individualismo narcisista, edonista e consumista.

I 100 maschi assassini portano alle estreme conseguenze queste caratteristiche. Alcuni parlano di patriarcato, di maschilismo, di sessismo. Io credo che questi termini oggi siano superati. Infatti avevano forse un senso nella società capitalista soprattutto del nord Italia e del nord Europa, sino agli anni 70. Ma dopo gli anni 70, con il superamento del capitalismo solido da parte del capitalismo liquido, finanziario e globalista la società si avvia ad essere una società di uomini soli, senza famiglia, senza empatia, senza amore. Quindi sia il patriarcato sia il matriarcato sono stati superati dalla nuova organizzazione di uomini soli, maschi e femmine soli e in competizione fra di loro. La società dei single, narcisisti patologici, apatici, è in sintonia con le nuove esigenze del postcapitalismo liquido e concorrenziale che vuole le persone robotizzate, funzionanti, produttive, di successo e ricche.Ma senza pathos, anaffettivi, perché l’affettività essendo irrazionale non è funzionale ad una società digitalizzata, che deve funzionare in maniera matematica. I 100 femminicidi annui sono la punta di questo iceberg, un enorme iceberg che ingloba maschi e femmine. Possiamo inasprire le pene quanto vogliamo, ma temo che non sarà possibile azzerare i femminicidi perché il terreno di cultura rimane invariato. In ogni caso anche riuscendo a ridurre il numero dei femminicidi, non riusciremo a fare migliorare i rapporti umani fra le persone. Non solo fra maschi e femmine ma anche fra femmine e femmine e fra maschi e maschi. Infatti tutti i rapporti umani nella società postcapitalista sono in fase di peggioramento, nel senso di essere improntati all’egoismo, all’utilitarismo, al tornaconto, alla diffidenza, alla sospettosità e alla paranoia. Ne consegue una riduzione della felicità, un aumento dell’infelicità e delle patologie sia fisiche che mentali. Infatti nella societá occidentale, in Usa e in Europa assistiamo ad un aumento del consumo di psicofarnaci, di sonniferi, di tranquillanti, di antidepressivi. La gente non sta bene. Nel versante mentale sta male. Nel fisico sta anche peggio. Aumentano le malattie, sia fisiche che mentali. Aumentano le malattie psicosomatiche. Aumenta il diabete, l’ipertensione arteriosa e altre patologie fisiche.Aumentano le dipendenze patologiche da droghe, da alcool, da acquisti compulsivi, dal cibo, da psicofarmaci, da ludopatie. Tutte spie del vuoto angosciante e della mancanza di senso e di significato della vita nella società occidentale che vive senza Dio, senza morale, senza mistero, senza trascendenza. Ma all’insegna del consumismo e della scalata al successo. Il paradosso di questa società che dovrebbe garantire democrazia e felicità è che invece sia la democrazia sia la felicità sono in caduta libera. Soluzioni? Non ho soluzioni valide per tutti, ma consiglio di essere critici, autosufficienti per quanto possibile, di essere artigianali, di sapere fare molte cose.

Personalmente io ho scelto di lasciare la città e di trasferirmi in campagna, insieme alla mia mogliettina, di tenere un orto e un pollaio, di non guardare la tv, di non comprare cibi sofisticati, ma grezzi e sfusi. Questa scelta dove possibile mi sembra quella che possa garantire serenità e autoaffermazione. Consiglio inoltre di coltivare le emozioni mediante la musica, il canto, la poesia, la letteratura, la filosofia, il cinema. Tutte cose che si possono fare in casa, in campagna, magari invitando di tanto in tanto gli amici e trascorrendo serate insieme.

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Il porto di Gela: uno specchio d’acqua e di rifiuti

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Da Francesco Agati riceviamo e pubblichiamo:

“Nei decenni i pescatori hanno invocato aiuto alle istituzioni, un loro diritto, un diritto di tutti i gelesi.

Che i politici gelesi non siano all’altezza di realizzare e rendere esecutivi progetti portuali è un fatto conclamato; ormai hanno portato la struttura alla completa inagibilità; oggi in uso, possesso e detenzione a un numero ridotto di lavoratori della pesca.

Poche sono le “lancie” che possono entrare e uscire dall’infrastruttura, se da un lato i politici sono incapaci, i pochi utilizzatori i pescatori, sono i rei della catastrofe ambientale, lo specchio d’acqua è pieno zeppo di ogni rifiuto organico e artificiale; nel porto gelese galleggia di tutto, grossi pesci morti in putrefazione, liquami, oli, bottiglie, fusti, l’odore di lurido è nausabondo; mosche e insetti potrebbero essere gli untori di gravi epidemie.

Gela non ha un porto ma una vera discarica galleggiante, unica nel suo genere in tutto il mediterraneo. 

In virtù del fatto che comunque nell’infrastruttura si effettua commercio di pescato, chiedo che i pescatori imparino a preservare il porto, li invito a ripulirlo, bonificarlo e renderlo decoroso ora e sempre.

Le istituzioni non dovrebbero permettere che quest’area sia una zona franca e anarchia della sporcizia, che attivino controlli sull’igiene e decoro”.

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I “Chimici del ’68” di nuovo insieme

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Insieme dopo 55 anni. Prima riuniti in una chat di whatsapp denominata “I Chimici del ’68” e poi con una “rimpatriata” al ristorante. Sono gli ex compagni di scuola del corso A dell’istituto industriale di Gela che per ritrovarsi, domenica scorsa, a pranzo, hanno sfidato il tempo e il maltempo con allerta meteo arancione; hanno superato le distanze, dato che provenivano da comuni delle province di Agrigento, Enna, Catania, Caltanissetta e Ragusa; hanno risolto l’irreperibilità di molti; hanno sopportato gli inevitabili acciacchi dell’età avanzata, visto che sono quasi tutti pensionati 75enni. Una signora ha persino preparato delle paste di mandorla per l’occasione.

Così la “rimpatriata” di 15 ex compagni di scuola (con coniugi) è stata coronata da pieno successo. Anche se fisicamente cambiati e qualcuno difficilmente riconoscibile, si sono ritrovati tutti in gruppo come quando si stava a scuola. All’appello ne mancavano 4 che vivono al Nord, 3 indisponibili e 7 che nel frattempo sono deceduti. A questi ultimi è andato il pensiero commosso dei presenti. Il raduno è stato un susseguirsi di emozioni e di sentimenti, un risveglio di ricordi, il racconto multiplo e inesauribile di esperienze lavorative e di vita, l’elencazione del numero di figli e di nipoti, l’esibizione di foto e video della propria famiglia. Sembrava che in poche ore si volessero rivivere i cinque anni di studio e riempire col racconto i 55 anni di distacco dal diploma a oggi. L’euforia ha coinvolto anche le mogli che hanno socializzato con facilità, come se si conoscessero da tempo. A ciascuna di loro l’omaggio di una rosa.

Alla fine l’immancabile taglio della torta che riproduceva la foto di classe col maggior numero di studenti. E poi si è deciso di ripetere periodicamente il conviviale e di farlo diventare itinerante nelle nostre province, approfittando magari della presenza durante le ferie di quanti domenica scorsa non hanno potuto partecipare.

Negli anni ’60, l’industriale di Gela ebbe un “boom” di iscritti perchè era uno degli appena tre istituti chimici esistenti in Sicilia. Gli studenti venivano da ogni parte dell’Isola e prendevano camera in affitto. L’obiettivo, ovviamente, era quello di acquisire il diploma per essere poi assunto al petrolchimico dell’Eni. Poche, allora, le ragazze che sceglievano di venire all’industriale. La presenza femminile in 5^ A, nel ’68, fu di due sole studentesse: Lucia Accolla e Carla Speziale. E domenica scorsa i colleghi le hanno voluto omaggiare offrendo loro in segno di stima e di affetto un vaso di orchidee ciascuna, quasi a premiarle per il coraggio dimostrato.

I nomi de “i chimici del ’68”:  Lucia Accolla, Carla Speziale , Franco Infurna, Filippo Pernicano, Giacomo Militello, Roberto Giarracca, Peppe Luparello, Antonio Prestia, Toto’ Amico, Ignazio Condorelli, Onofrio Barbaro,Vincenzo Savoca, Vincenzo Cali’, Lillo Manazza, Filippo Di Gloria.

Franco Infurna

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