Giudiziaria
Investitori Alitalia riceveranno somme per l’acquisto delle azioni. Lo ha deciso il Tribunale di Gela
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2 anni fail

Il Tribunale di Gela, in accoglimento delle richieste degli investitori, patrocinati dallo studio legale Maganuco e dall’avv. Giuseppe d’aleo, dopo accertamento della nullità dell’operazione di acquisto di 60.000 azioni Alitalia , ha condannato l’istituto bancario convenuto alla restituzione della somma investita nel lontano 2006, oltre agli interessi legali dallo stesso anno ed alle spese legali, condannando, in accoglimento della riconvenzionale della banca, parte attrice alla restituzione dei titoli all’istituto bancario.
Il Giudice ha sentenziato che “in tema di intermediazione finanziaria, il Decreto Legislativo n. 58 del 1998, art. 23, laddove impone la forma scritta, a pena di nullità, per i contratti relativi alla prestazione di servizi di investimento-con l’eccezione, ricorrente nella specie – dell’esonero dell’osservanza di tale forma, prevista dai Regolamenti Consob, in considerazione della natura professionale dei contraenti si riferisce al contratto quadro, e non ai singoli ordini di investimento (o disinvestimento) che vengano poi impartiti dal cliente all’intermediario, la cui validità non è, invece, soggetta a requisiti formali. Tuttavia, tale principio non trova applicazione quando sia lo stesso contratto quadro, o un’apposita pattuizione stipulata dalle parti, prevede anche per gli ordini di investimento la forma scritta. In tal caso, infatti, il principio di cui all’art. 1352 del codice civile , secondo cui la forma convenuta dalle parti per la futura stipulazione di un contratto si presuma pattuita “ai fini della sostanza”, è estensibile anche agli ordini di investimento, atteso che si tratta di atti aventi natura negoziale e distinti ed autonomi dal contratto quadro. L’onere di forma assume – a vantaggio di entrambe le parti- la finalità di assicurare una maggiore ponderazione da parte dell’investitore, di garantire all’operatore la serietà di quell’ordine e di permettergli una più agevole prova della richiesta ricevuta, cosicché l’intermediario può legittimamente rifiutare l’esecuzione di un ordine non impartito per iscritto e la nullità dello stesso e per carenza del requisito della forma scritta convenzionale, può essere fatta valere da entrambi i contraenti”.
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Giudiziaria
Sentenza amianto killer: difesa condannata
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4 giorni fail
14 Giugno 2025di
redazione
Roma – Amianto killer nelle navi della Marina: la Difesa condannata in via definitiva a risarcire 400mila euro la famiglia di Michele Cannavò morto di mesotelioma.
La vittima è stata esposta senza protezione per 34 anni nei cantieri e sulle navi .
Una nuova, pesante condanna, appena passata in giudicato, quindi definitiva, per il Ministero della Difesa: il Tribunale Civile di Roma ha stabilito un risarcimento di circa 400mila euro in favore dei familiari di Michele Cannavò, motorista navale della Marina Militare, deceduto a causa di un mesotelioma pleurico provocato dall’esposizione prolungata all’amianto.
Cannavò, originario della provincia di Catania, e residente a Siracusa, ha servito per 34 anni lo Stato tra il servizio militare e civile, operando in ambienti contaminati e privi di adeguate protezioni. Imbarcato su diverse unità navali – tra cui la Nave Albatros e il MOC 1201 – e impiegato nell’Arsenale Militare di Augusta, è stato quotidianamente a contatto con fibre di amianto: nei motori, nei corridoi, nei rivestimenti delle condotte, fino agli stessi ambienti di vita delle navi.
Un’esposizione continua, intensa e silenziosa, che gli è costata la vita. La diagnosi è arrivata nel 2019. La morte, appena due mesi dopo.L’INAIL ha riconosciuto il nesso causale tra l’infermità e le mansioni svolte in Marina, nel periodo del servizio civile. Una conferma ulteriore della gravità della negligenza istituzionale.
“Finalmente giustizia per la famiglia Cannavò” – commenta Ezio Bonanni, Presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto e legale dei familiari – “Questo risarcimento non potrà restituire Michele ai suoi cari, ma rappresenta un passo in avanti verso la tutela delle vittime e la bonifica definitiva dell’amianto da navi e arsenali militari.”
Giudiziaria
Inchiesta Camaleonte: assolti gli imprenditori Luca e il dirigente di polizia Giudice
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5 giorni fail
12 Giugno 2025di
redazione
Cade in primo grado l’impianto dell’inchiesta Camaleonte che ha coinvolto gli imprenditori Luca accusati di rapporti con clan mafiosi.
Il presidente del collegio penale Miriam D’Amore ha assolto tutti gli imputati perché il fatto non sussiste. Sono stati assolti il fondatore del gruppo Salvatore Luca, il figlio Rocco, il fratello Francesco, il genero Francesco Gallo, la moglie Concetta Lo Nigro, la figlia Maria Assunta Luca e la cognata Emanuela Lo Nigro. Tutti gli imputati hanno respinto sempre l’accusa di legami con la mafia. I Luca si sono dichiarati, invece, vittime e hanno sostenuto che il loro patrimonio era frutto del lavoro. Lacrime,commozione e abbracci tra i componenti della famiglia Luca alla lettura del dispositivo di sentenza.
E’ stato assolto anche il dirigente di polizia Giovanni Giudice, che ha rinunciato alla prescrizione maturata. Era accusato di aver favorito i Luca, tesi sempre respinta.
La prescrizione, con esclusione dell’unica aggravante, è stata decisa per l’ altro poliziotto coinvolto Giovanni Arrogante.
Giudiziaria
Assolto dall’accusa di danno erariale per 3 mln
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1 settimana fail
9 Giugno 2025di
redazione
Il Dott. L.N. è un dirigente di terza fascia della Regione Siciliana che, a partire dal 2018 sino alla cessazione dell’incarico, ha svolto le funzioni di responsabile dell’unità operativa “Potenziamento delle attività produttive” dell’IPA di Palermo.
Nell’ambito dell’incarico, il Dott. L.N. si è occupato di finanziamenti comunitari in favore delle imprese siciliane (c.d. misura 121). Con atto di citazione, la Procura Regionale della Corte dei Conti gli ha contestato in solido con altri funzionari e dirigenti della Regione Siciliana, un danno di oltre 3 milioni di euro.
E’ stato contestato al dott. N. di aver consentito, pur in presenza di gravi irregolarità progettuali, alla società dei fratelli D.L. di conseguire un contributo pubblico pari ad euro 3.133.015,98 che era stato stanziato ai fini dell’ammodernamento tecnologico di un mattatoio esistente per bovini, ovini e suini, ubicato in Monreale (PA).
La Procura Regionale ha contestato al Dott. N. di aver ritardato i controlli volti ad accertare l’effettiva realizzazione delle opere di ammodernamento del mattatoio consentendo, per questa via, ai titolari dell’impresa di installare – prima delle verifiche previste – taluni macchinari che avrebbero costituito dei “meri simulacri”, ovvero riproduzioni non funzionanti di alcune attrezzature oggetto del finanziamento.
Il Dott. L.N., pur consapevole delle irregolarità in questione, avrebbe attestato, secondo la Procura Regionale, la regolare attuazione dell’iniziativa progettuale una volta effettuato personalmente i controlli sopra citati.Il Dott. L.N. ha dunque conferito mandato difensivo agli Avv.ti Girolamo Rubino e Rosario De Marco Capizzi.I legali del Dott. N. hanno evidenziato come il lieve ritardo nella effettuazione delle verifiche previste era stato determinato dall’enorme carico di lavoro che gravava sull’Unità Operativa che seguiva, a quel tempo, ben 30 progetti riconducibili alla misura 121 (cui corrispondevano ben 30 verifiche in loco) e che risultava, altresì, impegnata in relazione alla attuazione di altri finanziamenti comunitari.
Non vi era, quindi, alcuna volontà di favorire indebitamente la Società che aveva fatto richiesta di sovvenzioni. I legali del dott. N. hanno sottolineato come non potessero ravvisarsi profili di dolo o di grave colpevolezza dalle risultanze del controllo effettuato presso il mattatoio.
I controlli, infatti, sono stati concentrati sull’impianto di macellazione che costituiva l’elemento centrale del progetto sottoposto a finanziamento; impianto perfettamente funzionante.
I difensori hanno evidenziato come le attrezzature indicate dalla Procura come non funzionanti costituissero dei macchinari secondari, che nulla avevano a che vedere con le linee di macellazione e, dunque, con le opere principali del progetto ammesso a finanziamento.I medesimi legali hanno, inoltre, evidenziato che non era possibile pretendere che i verificatori regionali accertassero il funzionamento di ogni singolo macchinario, data la considerevole estensione dell’iniziativa progettuale.In ogni caso, hanno osservato gli stessi difensori, il dott. N. e gli altri funzionari si sarebbero trovati in “una situazione di errore scusabile”, in ragione dei sofisticati artifici e raggiri che sarebbero stati perpetrati dai titolari dell’impresa destinataria del finanziamento pubblico.In totale adesione ai rilievi difensivi degli Avv.ti Rubino e De Marco Capizzi, la Corte dei Conti ha pronunciato sentenza di assoluzione nei riguardi nel Sig. L.N., non ravvisando alcuna condotta colpevole.

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