Riceviamo e pubblichiamo una nota a firma del coordinatore del gruppo Gran Sicilia sezione G. Corrao, dott. Paolo Scicolone.
“A Gela da 15 giorni circa, tutte le sere l’aria viene infestata da un fortissimo odore di pesce putrefatto.
Tanto forte da disturbare il sonno dei cittadini di quei quartieri più esposti, da costringere tutte le persone a chiudere le imposte e, in alcuni casi, a ricorrere alle cure del pronto soccorso.
Nauseabondo, molesto oltre ogni limite di tolleranza.
Da subito sono partite le segnalazioni dei cittadini alle forze dell’ordine, all’Arpa, al Sindaco.
In un primo momento, forse sottovalutate finché il problema non ha coinvolto l’intera città e la protesta partita sui social non ha allertato nella giusta misura quanto meno gli organi di stampa locale.
Alcuni cittadini si sono mossi autonomamente per individuare la causa, identificandola, con molta probabilità, nei resti di un capannone della zona industriale utilizzato come magazzino di stoccaggio di pesce surgelato, colpito nei giorni precedenti da un rogo che lo ha devastato.
Il pesce contenuto nelle celle frigorifere, abbandonato lì senza alcun trattamento, in poco tempo ha cominciato a far sentire la propria presenza, in seguito ai normali processi di scongelamento e putrefazione.
MA i giorni passano e l’odore molesto, ogni sera, più o meno alla stessa ora, torna ad agitare le notti dei Gelesi, sempre più preoccupati. Il fatto che si manifesti nelle ore notturne, seppur come motivazione ancora da accertare, sembra dovuto ai cambi di direzione dei venti fra le ore diurne e quelle notturne tipiche di questa zona. Qualcuno sospetta invece delle azioni notturne in quei magazzini ancora pieni di pesce in putrefazione.
Qualche cittadino più attivo, in assenza di risposte e indicazioni da parte delle autorità, effettuando sopralluoghi presso le aree individuate come sorgente del cattivo odore ha notato che le acque del fiume Gela, che raccolgono anche i reflui depurati(si suppone) dell’area industriale erano per buona parte e quasi fino alla foce ricoperte di un liquido nero.
Segnalazioni e foto sono state inviate alla capitaneria di porto, ma ancora nulla si sa su questo inquinamento, né se è connesso all’incendio del capannone e, quindi, al fastidioso odore che invade la città.
Nel giro di pochi giorni sono arrivate le prime denunce da parte di cittadini ed associazioni, che chiedono verifiche, accertamenti e ipotizzano ritardi ed omissioni nell’azione di bonifica e nei controlli ambientali e nelle iniziative a tutela della salute dei citadini.
Un recente comunicato dell’ARPA, sollecitata dai cittadini, ha chiarito che non ci sono superamenti di valori stabiliti da norme per certi parametri. Ma la puzza c’è, si sente bene e sta disturbando pesantemente la quiete pubblica.
Da giorno 16 agosto, a mezzo stampa, si annunciano gli inizi degli interventi di bonifica, rallentati, a detta dei tg locali, dal fatto che il magazzino è pericolante e dall’impossibilità di reperire ditte specializzate causa ferie ferragostane.
Su queste affermazioni, e sulle responsabilità del comune, del tutto assente in questa fase, si è chiesto di fare luce tramite ulteriori denunce, dal momento che ancora oggi il problema esiste.
Nel frattempo nessuna notizia sulle acque nere del fiume, che sfocia in un tratto di mare prossimo a spiagge frequentate dai bagnanti e che spesso vede la presenza di pescatori.
I gelesi non vivono bene e sono costretti a darsi da fare da soli, ma chi dovrebbe dare risposte fino ad oggi non è pervenuto.
Di fatto non c’è ufficialmente la certezza, seppur il nesso pare evidente, che la puzza provenga dal capannone bruciato.
Il mistero più grande riguarda, però, il fatto che a bonifiche iniziate e a danno olfattivo ormai ampiamente accertato la puzza rimane. Alcuni mormorii cominciano a sospettare di altre fonti, ma finchè non c’è un chiarimento rimangono solo mormorii. E non si è ancora saputo se del percolato proveniente dalle celle all’interno del capannone, tramite scarichi, si sia riversato nel fiume e se qualche sostanza tossica sia finita nelle acque o sia responsabile di questo cattivo odore.
Si attende qualche chiarimento, ma soprattutto una netta posizione, dal Sindaco, che dovrebbe parlare a nome di tutti i Gelesi.
Si attendono ulteriori chiarimenti dall’Arpa e dalla Capitaneria di porto.
Il danno alla quiete dei cittadini e all’ambiente è evidente e grande, ma in questa città, per anni costretta con menzogne e ricatti a sopportare inquinamenti di ogni tipo ed odori nauseabondi provenienti dal petrolchimico, sembra ancora, nonostante la pesantissima conta dei danni, che i reati ambientali siano trattati come fatti secondari, trascurabili, fatti quasi normali che, come se fossero eventi naturali, faranno il loro corso tra l’impotenza degli uomini.
Se questo è l’atteggiamento delle autorità, per fortuna i Gelesi non la pensano più così. In modi diversi lo stanno ribadendo tutti i giorni! La maturità della popolazione sovrasta la lentezza e, a volte la bassezza, istituzionale”.
L’associazione Sos ospedale Vittorio Emanuele torna a farsi sentire per porre all’opinione pubblica un quesito inquietante: “a Gela i medici non vogliono venire o non si vuole che vengano?”. Di seguito riceviamo e pubblichiamo la nota.
“Ancora una volta vorremmo porre all’attenzione del Sindaco, del Presidente della Commissione Consiliare Sanità, dei consiglieri comunali, dei segretari locali di partito, del deputato regionale e dei Senatori della Repubblica, la situazione dell’Ospedale Vittorio Emanuele III di Gela. C’è un futuro certo per questa struttura? Sono passati mesi, scadute promesse, ma nulla è cambiato per la struttura sanitaria gelese. Sembra che non siano bastati i Sit-in, le manifestazioni, le sottoscrizioni e gli esposti. L’ospedale di Gela vessa ancora nella situazione che abbiamo denunciato: nessun vero potenziamento, nessun nuovo rimpinguamento dell’organico, solo promesse, rinnovate ma mai mantenute, con la silente complicità della politica locale.
Avevano garantito l’assunzione di nuovi medici per il presidio di Gela, sono stati pubblicati i bandi, si sono svolte le prove concorsuali e hanno selezionato i vincitori. Sembrerebbe quantomeno risolta la questione relativa al potenziamento di organico, ma no. Infatti, passano svariati mesi per l’assunzione, a distanza di circa due mesi non sono state formalizzate e questo frangente i medici selezionati, considerata la grave carenza di medici in tutta Italia, sceglie altre sedi. Scelgono altre sedi perché non vogliono venire a Gela? Perché l’ospedale di Gela ha un alto carico di lavoro? No! Scelgono altre sedi perché scoraggiati dai tempi di assunzione che l’Asp pratica (solo per Gela per intenderci). Oramai abbiamo svelato anche questa ultima bugia, per non dare a Gela le risorse (personale, mezzi, locali) adeguate che permetterebbero ai gelesi di usufruire del proprio ospedale, si usano “carte false”. Eppure, potenziare l’ospedale di Gela potrebbe essere nel medio e lungo termine una risorsa per l’Asp. La migrazione passiva, ovvero la gente che dalla provincia di Caltanissetta si cura in altri territori, costa all’Asp di Caltanissetta oltre 60.000.000,00 di euro l’anno. La gran parte di questa migrazione riguarda il comprensorio gelese. Basterebbe investire due anni di migrazione passiva dell’Asp su Gela per riportare l’ospedale ad erogare i giusti servizi. L’investimento si ripagherebbe in pochissimi anni, invece si preferisce pagare altre Asp piuttosto che dare un servizio “normale” ai gelesi. Non dimentichiamo che durante il periodo Covid, Gela ha subito, a causa della atavica carenza di personale, la perdita di tutti i ricoverati Covid trasferiti a Caltanissetta: sette trasferiti, sette decessi. Una mortalità del 100%, che in medicina non è mai riscontrabile. Abbiamo pagato un prezzo troppo alto per queste “disattenzioni” in ambito ospedaliero, continuiamo a pagare un prezzo troppo alto attualmente, con i gelesi costretti a “migrare” in altre strutture ospedaliere, non si può tollerare questo trattamento. I gelesi meritano un trattamento alla pari con altre realtà, meritano la giusta assistenza nel loro ospedale”.
Da Terenziano Di Stefano, per conto dei gruppi Una buona idea e Civico lab, riceviamo e pubblichiamo:
Il caso di Macchitella lab , l’edificio nuovo di zecca e riqualificato con i soldi delle compensazioni dei gelesi , è ufficialmente un paradosso .
Lo era già a lavori terminati , nel 2020, se pensiamo che da allora ad ora , nonostante la Città ne chieda l’apertura per accogliere gli studenti , come detto diverse volte stia accogliendo i fantasmi .
Il paradosso diventa rompicapo degno del Cubo di Rubik se pensiamo che proprio ieri a Giarre , Macchitella Lab ha vinto il premio IN/ARCHITETTURA 23.
Sarebbe da considerarsi un risultato sorprendente , non c’è che dire ,se solo Macchitella Lab oggi fosse fruibile e se oggi la Città potesse orgogliosamente vantare l’apertura dell’Università e l’avvio delle start up come stabilito nell’accordo attuativo mai di fatto attuato.
Ma come possiamo considerare “premio” , anche dal punto di vista della Città ,quel che ci ricorda ancora una volta , che macchitella lab allo stato non è un’Università né un incubatore di strat up né uno spazio coworking ma è piuttosto il cimitero dello sviluppo e dell’istruzione ?
Vince premi, è vero , ma non è fruibile . Vince premi ma è chiusa . Vince premi ma non si candida ad essere un presidio di istruzione.
Ci complimentiamo ovviamente con chi ha partecipato alla cerimonia di premiazione ritirando il premio, l’arch. Vincenzo Castellana e l’arch Rosanna Zafarana progettisti dell’ex Casa Albergo nonché con l’eccellente Impresa gelese “Russello S.p.a “che ha realizzato l’opera .
È sicuramente un grande risultato per la nostra città dal punto di vista professionale .
Non si può non rilevare, però, sul piano strettamente politico e che riguarda la condivisione del progetto con la Città che allo stato, se da una parte lo straordinario immobile riqualificato con i soldi delle compensazioni si è aggiudicato un premio, dall’altro quello stesso immobile premiato , non ha mai aperto il suo cancello.
Non può che lasciare l’amaro in bocca .
La strada intrapresa, però, di pretendere l’apertura di Macchitella lab , di pretendere che Gela abbia la sua Università , è quella giusta.
Non ci fermeremo finche il cancello non verrà aperto con apposita “cerimonia di premiazione” alla Città , ai suoi studenti e alle famiglie.
Dallo psichiatra Franco Lauria riceviamo e pubblichiamo.
Lo sanno i bambini quando il no del genitore è no, quando è ni e quando è Si. Lo sanno perché al di là di quello che il genitore dice con le parole il bambino ha imparato, da fine psicologo, a decifrare il linguaggio non verbale del genitore, il linguaggio del corpo. Sa, quindi, quando quel no della madre o del padre è veramente no e quando invece è ni e quando è si. Qualunque genitore ha fatto questa esperienza con i propri figli. Lo sanno i romanzieri che prima di essere scrittori di romanzi sono conoscitori profondi dell’animo umano, vedi Flaubert o Dostoevskij. Sembra, invece, che non lo sappiano le femministe. Queste donne istruite, intellettuali, alcune docenti universitarie, alcune giornaliste, alcune persone dei media e della Tv che sembrano sconoscere questa verità elementare. Eppure dinanzi ad una denuncia per stupro da alcune parti c’è la tendenza a volere prendere per oro colato quello che afferma la donna che a loro dire è sempre vittima innocente ed il maschio è sempre aggressore e colpevole. La mente umana, invece, non è solo coscienza razionale e verbale, ma è anche e soprattutto inconscio irrazionale e non verbale. La psicoanalisi ci ha in segnato tutto questo già con Freud più di cento anni fa. E che dire della nostra Opera, vanto tutto italiano, dove la psicologia soprattutto in campo amoroso, affettivo e sentimentale ha sviscerato l’animo umano delle sfortunate eroine, condannate ad amori impossibili? Insomma che il no non sia sempre no è risaputo, studiato, descritto.
Oggi, invece, assistiamo a messaggi insistenti nei media, a dichiarazioni di femministe, giornaliste, donne dello spettacolo, politiche tutte a ricordarci che il no è sempre no. Vedi un manifesto che sta girando in questi giorni con la dicitura: Se dico no è sempre no. Così in assoluto, facendo un’analisi della frase, risulta vuota tutta da verificare, perchè necessita di essere accompagnata da una meta-comunicazione, che tenga conto di tanti altri segnali, come il tono della voce, lo sguardo, il portamento, la contrazione muscolare, la direzione degli occhi, tutti segnali che soli possono dirci se quell’affermazione è vera o falsa. Insomma l’inconscio parla con il corpo. Secondo loro invece l’inconscio coincide sempre con la coscienza; oppure, l’inconscio non esiste ed il messaggio è sempre uno e uno soltanto, quello verbale. Stento a credere che queste donne non conoscano la psicoanalisi, che non abbiano letto Freud, che non abbiano letto i romanzi dell’Ottocento, che non vadano all’Opera. Ed allora, perché queste affermazioni cosi riduttive da diventare false? Siamo davvero così mediocri o la difesa ad oltranza della donna si deve effettuare sempre e comunque, in ogni caso, al di là della verità, oltre la verità? Insomma, siamo disposti a negare la verità, la ricchezza dell’animo umano per partito preso?
L’ideologia è più forte della verità? Perché non ammettere semplicemente che qualche volta i due linguaggi dicono la stessa cosa, che se è si è si è che se è no e no, ma che altre volte i due linguaggi dicono cose differenti. Su cosa lavora uno psicoterapeuta? Non solo sul linguaggio verbale, ma anche, e a volte soprattutto, sul linguaggio non verbale. E il terapeuta sa quando i due linguaggi coincidono e quando non coincidono. Su questo si basa la cura. Vogliamo davvero sacrificare la verità per stare sempre e comunque dalla parte delle donne? I messaggi possono essere univoci e chiari, ma possono essere ambigui, possono coincidere solo in parte o addirittura possono essere opposti e conflittuali. Il femminismo moderno sembra non volerne tenere conto pur di condannare sempre e comunque il maschio eterosessuale, definito di volta in volta maschilista, sessista, patriarcale, fascista. A volte l’ideologia obnubila le menti. Le menti delle femministe sono tutte obnubilate? O fanno finta e sono ipocrite? Si può stare sul piano della correttezza e vedere di volta in volta dove sta la verità, dove stanno le responsabilità, come sono ripartite, se la vittima è sempre e solo vittima e se il carnefice è sempre e solo carnefice? In ogni singolo caso è questo che un giudice chiede ad un perito. La realtà della mente umana non è così semplice; la mente umana è molto più complessa. Lavorando sulle nevrosi, già cento anni fa Freud ci ha aperto un mondo, illustrato poi in mille romanzi e in mille Opere. Stiamo davvero tornando indietro quando la mente veniva fatta coincidere tutta con la coscienza e quindi con il linguaggio verbale? Mi rifiuto di crederci per amore della verità e per il bene dell’umanità.