Secondo appuntamento sul GazzettinodiGela.it della rubrica ad ispirazione cattolica a cura di Totò Sauna. Buona lettura
DOMENICA 12 DICEMBRE 2021
In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto». Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?» Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe». Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile». Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.
Lc 3,10-18
Che cosa dobbiamo fare per rispondere alla Chiamata del Signore? Quante volte ci troviamo a fare questa domanda. Che cosa dobbiamo fare? Siamo confusi. Incerti. Ci muoviamo a destra e a sinistra senza sapere cosa fare. Vorremmo fare tante cose. Volontariato, partire per le missioni, fare donazioni. Ma ci accorgiamo che non sempre ci riusciamo. In verità, se ci riflettiamo, ci muoviamo quasi sempre con un obiettivo. La Felicità. La nostra. Cerchiamo la nostra felicità. Siamo tutti cercatori di felicità. La nostra vita si consuma dietro l’affannosa ricerca della gioia. Trascorriamo una vita come dei ricercatori di tesori mai scoperti. Non abbiamo mai pace. E corriamo di qua e di là. E quindi, confusi continuiamo a chiedere. Imperterriti. Dubbiosi. In verità, siamo dei piagnucolosi che non hanno voglia di alzarsi dalla poltrone, dove siamo seduti comodi, di fronte d una tazza di caffè. Sappiamo cosa dobbiamo fare. Ma ci manca il coraggio, la forza, la spinta. Anche duemila anni fa le cose erano quasi le stesse. Il vangelo ci presenta alcune categorie che chiedono al Battista cosa fare. Il Vangelo non chiarisce per cosa. Ma la risposta la troviamo dentro il nostro cuore. Per cosa? E’ la domanda della vita, del senso della nostra vita. Solo, quando, sappiamo, io e te caro lettore del Gazzettino, che questa vita non ci appartiene, che siamo solo di passaggio, che questo non è il nostro mondo, allora, solo, allora ci avviciniamo al Battista e chiediamo: Che cosa dobbiamo fare? Non dobbiamo fare grandi cose. Il Signore non si aspetta da noi chissà qualche impresa titanica. Sa che siamo piccoli, piagnucolosi, invidiosi, sfaticati, che ci piace stare lì a giudicare gli altri. Tranquilli, ci salviamo. Al Signore interessa che apriamo il nostro cuore e gli diciamo un Si. Forte e deciso. Da quell’attimo cambia tutto. Cambia la vita. Iniziamo a riflettere sul senso della nostra vita, delle nostre giornate. Finora abbiamo condotto una vita cercando qualcosa. Siamo sempre alla ricerca e non capiamo o sappiamo in quale direzione andarla a cercare. O cosa cercare. Continuiamo ogni giorno, sempre, a girarci attorno, ad andare di qua e di là. La nostra vita sembra un walzer. Non abbiamo certezze, punti fermi. Tutto crolla, tutto ci delude. La politica, il lavoro, gli amici, è una continua delusione. Allora siamo tentati a chiuderci, ad isolarci. E cerchiamo sempre la ricetta pronta. Non esiste una ricetta pronta. Fai cosi e ti salvi. Giovanni il Battista ci indica una strada, ci da dei consigli. Non si impone. Non fa minacce. E lì a dire come fare per raggiungere la nostra gioia piena. Anche 2000 anni fa la gente era disorientata , aveva desiderio di qualcuno che gli indicasse una strada. Cercava una via. Ed è felice, contenta, di incontrare Giovanni il Battista. Trova una persona che parla di qualcosa di nuovo. Il Battista non si fa pregare e indica una strada, un comportamento, a tutti coloro che gli chiedono: che cosa dobbiamo fare ? Quale strada dobbiamo percorrere? Giovanni il Battista risponde in maniera chiara “ Chi ha due tuniche ne dia una” “Non esigete nulla più di quanto vi è stato fissato” “Non maltrattate e non estorcete a nessuno, accontentatevi delle vostre paghe.” La strada è segnata. E’ in salita. In forte salita. Ma ci sentiamo felici. Pieni di entusiasmo, ci sembra di toccare il cielo con una mano. Abbiamo trovato, finalmente,una strada. E ci buttiamo, sfidiamo tutto e tutti, il mondo intero. Ma poi, ti succede un fatto piccolo o grande che sia,che ti riporta indietro, di nuovo ai piedi della montagna. Di nuovo all’inizio. Una malattia, una morte di un caro, una lite con la moglie, con il capo. E ritorniamo giù. Più stanchi di prima .Più confusi. Ci chiediamo se quello che stavamo facendo era giusto, era nella direzione esatta, oppure ci aspettavamo qualche altro risultato. E, invece, non arriva niente, anzi, come Giovanni veniamo incatenati. Derisi. Presi in giro. Etichettati. Allora il dubbio dentro di noi si fa forte. La Fede, la mia e la tua, inizia a vacillare e allora coraggio fratello, coraggio sorella mettiamoci in preghiera. Svegliamoci mezz’oretta prima e iniziamo la giornata con le lodi. Ringraziamo il Signore che ci ha fatto svegliare. Un miracolo. Non tutti lo hanno potuto fare. E poi, nel pomeriggio, uno strumento efficacissimo: Il Rosario. La preghiera continua ed incessante. Avviciniamoci ai sacramenti e poi leggiamo la Bibbia. Leggiamo un brano, e ci mettiamo a fare vuoto dentro di noi, lo gustiamo, lo facciamo nostro, lo confrontiamo con la nostra vita. Piano piano. Coraggio Dio ci ama e non ci lascia soli.
Rubrica della domenica di approfondimento ad ispirazione cattolica
Dal Vangelo secondo Marco ,Mc.12,28-34
“In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?»
Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”.
Non c’è altro comandamento più grande di questi».Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici».Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.”
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Il Vangelo ci invita ad amare Dio con tutto il cuore e il prossimo come sé stesso. Ci sono delle persone che fanno fatica ad accettare e amare sé stessi. Coltivano un rifiuto permanente verso la propria persona, contro il proprio corpo, il colore, la statura, il peso e altre cose. Per questo si sentono infelici e insicuri. Attribuiscono al loro stato fisico tutta la loro infelicità. Ma questa antipatia verso sé stessi è insensata. Bisogna uscire da questa follia e prendere sul serio le parole di Cristo che dice che non si può amare Dio e il prossimo senza un sano amore verso sé stessi.Per poter amare, bisogna accettarsi. Questo non è così semplice. Ogniuno vorrebbe essere più forte, più virtuoso, più bello, più intelligente. Spesso ciò che impedisce alla grazia di Dio di agire in profondità nella nostra vita è di non accettarci così come siamo: accettare la nostra storia, il nostro passato, il nostro carattere, il nostro fisico, le nostre debolezze. Spesso sento dire: “Padre, non riesco ad accettarmi… non mi sopporto… mi detesto!”Dio mi ama per come sono. Dio non mi ama per i miei risultati, i successi, ma perché sono il Suo figlio. Il Suo amore è gratuito e incondizionato. Dio sa trarre bene anche dalle mie debolezze, e anche dai miei peccati. Perciò non mi rattristo per le mie debolezze, non ne faccio una tragedia, ma le accetto. Questo atteggiamento è un mezzo potente per attirare la grazia di Dio.Se mi accetto per come sono, accetto di conseguenza l’amore di Dio. E sarà più facile accettare e amare gli altri. Talvolta mi capita di non essere contento di me perché ho commesso qualche errore, mi arrabbio con me stesso, divento di cattivo umore e un po’ aggressivo con gli altri: faccio pagare a loro la difficoltà di accettarmi debole e fragile.Ricordati, tu sei un dono di Dio. Accetta con gratitudine la tua persona e la tua personalità e abbandonati con fiducia alla volontà del Padre .
Il teatro Eschilo promuove due corsi. Si tratta di un laboratorio per fonici che apre le porte ad una possibilità di lavoro all’interno del teatro ed una full immersion nel mondo del doppiaggio con Monica Word.
Ci spiega tutto il direttore artistico Francesco Longo:
Riceviamo e pubblichiamo una nota della dott.ssa Nancy Genovese
I giovanissimi nuovi attori con un’intensità vibrante, hanno spazzato via i cliché che li vorrebbero disinteressati e superficiali, frutto di uno sguardo ormai distante.
Hanno portato in scena ieri sera al Teatro Eschilo lo spettacolo dal ritolo “Amore che non sa stare al mondo”: quell’amore che non sa amare nemmeno se stesso, che si basa su dinamiche di potere, che non cresce, che non espande il cuore ma anzi lo rende piccolo e timoroso.
Che cos’è l’amore? Lo abbiamo capito o ci sta sfuggendo qualcosa? I giovani aspiranti attori hanno dimostrato di avere un rapporto con le emozioni che, per noi alla loro età, era ancora un tentativo, una ricerca.
Loro, invece, sanno già muoversi nella poesia come se fosse una seconda pelle, con quella naturalezza che ci sorprende, che forse avremmo voluto per noi.Sono stati straordinari, bellissimi, incredibilmente talentuosi. Con ogni gesto, ogni sguardo, ogni parola ci hanno condotto in un universo senza tempo, dove tutto si dissolve e si ricompone, un luogo in cui le emozioni scorrono come fiumi, sovrapponendosi e fondendosi. Eppure, ogni sensazione è rimasta, come scolpita nella memoria, estesa e dilatata, come sotto una lente che ci svela ogni sfumatura, ogni battito, ogni tumulto, ogni respiro.
Questi giovani hanno creato una magia autentica, di quella che trascende il palco e diventa carne e sangue, fatta di sincerità, di passione viva, di energia che pulsa e ci riporta a galla l’incanto. Hanno mostrato il potere dell’arte, quella forza capace di strapparci dalla quotidianità e portarci lontano, dove spesso gli adulti non osano più avventurarsi.
Grazie a loro, siamo entrati in una storia che è diventata anche la nostra, vissuta con la profondità e lo stupore che forse ci ricordiamo ancora di aver provato. Per un attimo, ci hanno riportati in un luogo senza tempo, dove tutto è possibile, dove siamo ancora capaci di credere.
Il risultato è merito dell’insegnante, Giuliana Fraglìca, che ha avuto coraggio a portare in scena verità scomode, verità che ci scuotono, che forse indignano, ma che non possiamo ignorare. Ha raccontato l’amore in tutte le sue forme: violento, negato, idealizzato, non corrisposto, utopico. Ha avuto la forza di parlarci di ciò che ci circonda ogni giorno, di ciò che spesso ci ostiniamo a non vedere. Con la sua guida, abbiamo visto quanto siamo tutti protagonisti di questo racconto, a volte carnefici, a volte vittime, e che solo osservandoci dall’esterno possiamo cogliere davvero l’impatto delle nostre azioni. Grazie per la sua visione, per averci offerto uno specchio sincero in cui rifletterci e per averci ricordato che il teatro è vita, e che la vita, ora più che mai, ha bisogno di verità.
Ecco i nomi dei giovanissimi attori, in ordine alfabetico: Flavia Barletta, Aurora Bordini, Elena Guida, Miriam Guida, Viola Gradito, Carla Iovino, Miriam Maniscalco, Leonardo Mezzasalma, Carmen Pace, Elena Pepi, Dalia Pescatore, Giuseppe Provinzano.