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L'occhio del bello

“Graduation day”, all’istituto “Eschilo” due giorni per celebrare la “vittoria” della scuola  

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La consegna dei diplomi e del “tocco”, il cappello che la tradizione richiama per vivere e celebrare un momento così bello. E poi teatro, musica, danze, le espressioni della creatività delle ragazze e dei ragazzi, anime di una comunità scolastica in fermento. Quindi il gran finale, con il lancio del tocco come protocollo celebrativo vuole.

All’istituto “Eschilo” è andata in scena per la prima volta la due giorni del Graduation day, manifestazione con cui la scuola diretta da Maurizio Tedesco ha voluto celebrare la conclusione dell’anno scolastico e il raggiungimento della Maturità da parte degli alunni. Una doppia iniziativa, prima al Liceo delle scienze umane “Dante Alighieri” e poi al Liceo classico “Eschilo”, con le parole dei docenti che hanno condotto gli allievi fino all’esame di Stato dopo un triennio difficile, complesso: quello caratterizzato dalla pandemia.

«Un tributo che la comunità scolastica riconosce alle studentesse e agli studenti che hanno concluso un percorso impegnativo – ha spiegato il dirigente scolastico –, la scuola durante l’emergenza non si è mai fermata. Siamo andati avanti sempre indicando ai nostri alunni una strada, quella di attingere al mondo classico e umanistico per affrontare le sfide della società contemporanea. Oggi possiamo dire che la sfida l’abbiamo vinta». Due eventi sul modello proposto dai college americani per una festa della scuola che ce l’ha fatta, superando un periodo difficile, forse il più difficile, forse il più duro. I sorrisi dei ragazzi dicono che l’obiettivo è stato raggiunto. 

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“Il corpo al centro di un’ossessione”, ma dai Dca si guarisce: le storie del Centro Ananke

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I Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione sono una realtà con cui convivono milioni di persone in Italia e nel mondo. Giovani, ma non solo. Un fenomeno che coinvolge anche Gela dove è presente il Centro clinico Ananke appartenente al progetto di Villa Miralago, sede del più grande centro italiano per la cura dei Disturbi del comportamento alimentare. La 13° Giornata nazionale del Fiocchetto lilla, celebratasi venerdì, è solo una delle infinite opportunità per fare luce sulla problematica, sensibilizzando la comunità sul tema per condividere il messaggio più importante, racchiuso in sole tre ma potentissime parole: si può guarire.

«Nei disturbi alimentari – spiega la responsabile del Centro, Nuccia Morselli –, il corpo è al centro di un’ossessione. Un continuo confrontarsi con l’immagine di altre persone da cui si esce sviliti, colpevoli, intolleranti verso le proprie forme e il proprio aspetto. Questa è una problematica psicologica individuale ma anche un’emergenza sociale, che trova le sue radici nell’iperinvestimento che ha il corpo a livello mediatico. I corpi vengono percepiti deludenti al punto da essere mortificati, aggrediti da pensieri o da attacchi distruttivi».

Ci sono i giovanissimi che soffrono di anoressia, gli adolescenti che si procurano tagli e ferite perché il dolore fisico spesso li “difende” da un vuoto interiore insopportabile, gli adulti che dopo essersi sottoposti ad interventi di chirurgia bariatrica fanno i conti con sovrappeso, depressione e il fallimento di tutti gli sforzi dietetici precedenti.

E poi ci sono le storie di rinascita. Di cura, amore e dedizione. Di percorsi lenti ma inesorabili verso la guarigione, come quello di Carmelo, 38 anni. Una lunga testimonianza, che si conclude con parole cariche di speranza: «Ero balbuziente, ero obeso, ero depresso, ero ansioso. Mi sentivo fallito, non amato e abbandonato. L’amore che ho ritrovato per me stesso è l’amore che voglio trasmetterti. Vuoi sapere se sono guarito? Sì, balbetto ancora, ma non lo so più non mi accorgo nemmeno quelle poche volte in cui capita… Il peso, sì, quello va diminuendo, ma non faccio diete. Non funzionano a comando. Cerco semplicemente di alimentarmi bene in base al mio fabbisogno. L’ansia, sì, certo, guai a non averla, è stata la mia migliore amica… Mi ha salvato la vita.
Certo, se diventa eccessiva mi dà fastidio, ma una piccola dose di preoccupazione è un toccasana. Depresso? Per niente. I miei occhi sorridono alla vita. Stressato? Un po’, gestisco due attività, una moglie e un cagnolino.  È stata dura… Oggi ringrazio la vita e chi mi ha da dato una mano».

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“Cuore, pizza e allegria”: la strada da seguire per la vera inclusione

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Il valore della collaborazione tra associazioni, imprese e realtà sociali del territorio, cittadini attivi e sensibili alle nobili cause della comunità, si misura in base al lavoro effettivo che viene fatto ogni giorno e ai risultati che questo lavoro produce. E allora non si può che essere felici quando un progetto viene condotto e portato a termine a vantaggio dei più fragili, di chi ogni giorno combatte la propria battaglia cercando di veder tutelati i propri diritti.

Non può che ricevere un plauso la bella iniziativa promossa nell’evento “Cuore, pizza e allegria” rivolto a ragazzi con fragilità accompagnati da operatori e volontari. Giovani che, dopo un periodo di formazione curato dai maestri dell’Imahr, hanno lavorato per una sera al Company2 con il supporto dei titolari e di tutto lo staff (con la partecipazione anche di Pizzofrenìa). Ad ideare l’iniziativa è stata l’associazione Ama Filippo in collaborazione con la cooperativa Bic.

L’aspetto più bello: l’entusiasmo dei ragazzi protagonisti, felici di rendersi e sentirsi utili, ma anche l’entusiasmo dei clienti del locale che li hanno accolti con sorrisi e piena attenzione. Sono questi gli elementi chiave per lavorare verso progetti realmente inclusivi, da portare avanti con convinzione e continuità. Questa è la strada da seguire.

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Lezione del prof. Schettini: “La scuola, legata a vecchi cliché, merita un cambiamento”

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La scuola e i social sono i suoi due “luoghi”. Insegnante e influencer, racconta la fisica mettendoci due caratteristiche, entusiasmo e passione, che distinguono il suo progetto, la professione, la vita stessa. “La fisica che ci piace” è diventata una realtà da milioni di followers presente su tutte le piattaforme, per una community composta da gente di tutte le età.

A Gela per presentare al teatro “Eschilo” il suo libro “Ci vuole un fisico bestiale”, incontrando gli alunni dell’istituto “Eschilo” che hanno seguito il progetto lettura con Demea Eventi Culturali, Vincenzo Schettini ha anche affrontato alcuni dei temi a lui, e a noi, più cari. 

In giro per l’Italia, tra le scuole e i teatri. Tante soddisfazioni e successo, ma anche tanta fatica. Prof. Schettini, cos’è che la spinge in tutto questo?

«Innescare un cambiamento: è questa la motivazione principale. Perché la scuola lo merita questo cambiamento, è legata ancora a cliché vecchi, statali più che altro. Invece a scuola c’è tanta bella gente, ci sono tanti insegnanti che lavorano per fare bene e s’impegnano. È questo che mi motiva nel girare l’Italia e incontrare tanta gente». 

Come si svecchia la scuola, secondo lei?

«Lavorando. Lavorando bene ed essendo entusiasti di ciò che si fa. Ma non si deve svecchiare tutta la scuola, semplicemente il proprio modo di fare».

Da cosa bisognerebbe partire?

«Dal fatto che ci sono docenti che lavorano bene e i ragazzi ne sono contenti, recepiscono altrettanto bene e finiscono i loro anni di scuola con un bellissimo ricordo. In questo modo sono proiettati verso il futuro e, soprattutto, ispirati».

Lei e il suo progetto “La fisica che ci piace” testimoniate che sui social non è vero che, come invece dicono in tanti, c’è solo spazzatura. 

«Esatto. Sui social c’è tanta roba bella. Ho scoperto anche io che se vuoi imparare una lingua, se vuoi migliorare a livello fisico, se vuoi essere motivato trovi tutto sui social. Basta cercare e non essere spettatori passivi di quello che l’algoritmo ti propone». 

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