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Lo Scrivo a Il Gazzettino di Gela

‘Sei personaggi in cerca d’autore’ … da cento anni

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È alla Compagnia Niccodemi, appena fondata da uno dei drammaturghi più acclamati del tempo, che Luigi Pirandello affida i Sei personaggi in cerca d’autore di cui ricorre il 9 maggio il centenario della prima. «La commedia da fare», con cui Pirandello rivoluziona la scena internazionale, sconvolgendo il rapporto tra autore e attori, palcoscenico e pubblico, realtà e finzione, lascerà un segno indelebile anche nella ‘storia’ di direttore e interpreti. Scrive Dario Niccodemi, il 17 aprile 1921, d’essere rimasto alla lettura del copione «stordito, tanto dalla grandezza veramente nobile del tema, quanto dalla stranezza della forma». La fascinosa sua narrazione della memorabile, travolgente e insieme sconvolgente lettura alla Compagnia del copione da parte di Pirandello, del «logorante martirio delle prove», dell’illustrazione delle sue teorie sceniche, ci restituisce, plasticamente, succus et sanguis, il giuoco delle parti, la drammatizzazione viva e sofferta della parola, il conflitto tra la concezione e la realizzazione.  È il «prodigio» dell’«incarnazione» quello che l’autore chiede all’attore che deve «sentire il personaggio come l’autore l’ha sentito», «renderlo sulla scena come l’autore l’ha voluto»: «L’ammirazione incominciò quando finì la comprensione. E questa finì subito. […] Eravamo tutti travolti nel torrente, ansimanti, immobili. L’entusiasmo tra gli attori scoppiò unanime, irresistibile, convinto, e profondo. Ma nessuno aveva capito niente. Eravamo sbalorditi, nel caos. […] Per tutti le linee della commedia sono ancora confuse, imprecise, informi; ma lui le vede subito chiare e inconfondibili. Tutti sono nell’abbozzo mentre lui è nel quadro compiuto; la commedia è già viva sul palcoscenico. E vedere come la segue, come la respira e come la parla è uno spettacolo imperioso d’umano interesse. […] In lui, seduto, c’è più movimento che in tutti. La scena è lui. La riassume, la riassorbe e la ributta fuori da tutti i pori del suo viso, come le bocche spalancate in certe rocce delle coste della sua Sicilia –  i mostri omerici – risucchiano il mare con una potente incalcolabile aspirazione per poi rigettarlo in pulvischio con la violenza del tifone».

La prima al «Teatro Valle» di Roma il 9 maggio 1921, dopo tre settimane di prove: splendidi Vera Vergani la Figliastra

e Luigi Almirante il Padre. Al grido «Manicomio! Manicomio!», «Buffone! Buffone!» la baraonda finale. Raccontava la Vergani di essere stata lei a fargli fermamente scudo con il proprio corpo e a bloccare gli scalmanati che stavano per abbattere la porta del camerino dove si erano rifugiati Pirandello e la figlia Lietta che uscirono dalla porta di servizio. E Niccodemi, dopo lo spettacolo, annota: «Serata di battaglia. Esecuzione che non è esagerato chiamare inappuntabile. Vera rivela con mirabile vigoria la sua semplice ed umanissima drammaticità. Almirante veramente straordinario per chiarezza ed intelligenza. […] Il pubblico fece prodigi d’attenzione per penetrare nel groviglio di bizzarrie cerebrali di questo potente lavoro; e ci rimase per due atti; ma al terzo, come se quel che avveniva in scena oltrepassasse tutte le comprensioni e tutte le pazienze, si ribellò. E fu la battaglia. Poche volte ho veduto maggiore passione di dissidio in un teatro». All’autore Niccodemi scriverà tutto il vanto di aver messo in scena la commedia e di averne compreso subito «la potenza, il significato, le dinamiche poderose; d’aver sentito, subito, il suo fascino abbagliante di fosforescenze nuove».

Al «Teatro Manzoni» di Milano, il 27 settembre 1921, presente Pirandello, un trionfo.

Frutto forse di gelosia per l’orgogliosa primogenitura la livorosa lettera di Niccodemi a Veruzzi, vezzeggiativo di Vera, il 9 aprile 1923, dopo avere assistito alla prova generale della tanto osannata messa in scena alla «Comédie-Française des Champs-Élysées»: «Non puoi immaginare che cosa sia divenuta, nelle voci e nei gesti di questi dilettanti, l’avventura cerebrale di Pirandello! […] Per far contrasto col nero dei sei personaggi le attrici della compagnia sono state vestite di rosso, di verde, di giallo, di celeste. […] La signora Pitoëff è vestita di nero ma con una cappa bianca e scarpe e calze bianche; sembra una vedova in carnevale. […] Veruzzi, poco fa, nel mio spirito, tu eri grande come la Duse! Tutto grigio, tutto unito, tutto regolato, tutto definito! […] Gli attori truccati come dei macchiettisti di music-hall: le attrici scintillanti come una vetrina della Rinascente nei giorni di liquidazione. E Pirandello, commovente d’imbecillità e di servilismo mentale, approvava, gongolava, s’estasiava. Ma quando si voltava dalla mia parte e s’incontrava col pericolo dei miei occhi diventava rosso come un peperone della sua Sicilia. È un pover’uomo! Sono sicuro che quando scrive le sue commedie è in istato d’assoluta incoscienza. Pirandello uomo è il succubo di Pirandello autore. Non c’è in lui ombra di discernimento critico. Quando segue una prova il suo viso si plasma nel viso dell’attore che recita, ne segue le contrazioni e le rifà, ride o s’addolora come ride e s’addolora l’interprete. […] Dopo la prova però, temendo forse la burrasca che mi rombava dentro, mi ha detto le mille mirabilia della nostra interpretazione, della tua specialmente. Povero Pirandello. Si direbbe che vive nel continuo stupore di avere tanto ingegno!» L’unica cosa buona per Niccodemi quella per cui soprattutto la messa in scena di Pitoëff passerà alla storia, dovuta al palcoscenico troppo piccolo, il montacarichi di servizio su cui, avvolti da una luce verdastra, quasi provenienti dall’al di là, i personaggi arrivano e infine scompaiono. L’indomani della prima, da Parigi Pirandello telegrafa a Vera: «Confermo intera più che mai mia esultante ammirazione divina inarrivata inarrivabile Vera Pirandello».

Il 13 gennaio 1930, al culmine di una brillante carriera, all’età di 35 anni, Vera abbandona le scene per sposare il Comandante Leonardo Pescarolo.    

 Quando, nel maggio 1985, l’andammo a trovare a Procida, dove si era rintanata in una villa immersa in un giardino profumato di limoni, sorpresa esclamò: «Come mi avete scovata?» Fu una deliziosa giornata in cui, con delicatezza, pur consapevoli del patto che aveva sancito con Leonardo, non parlare mai del loro passato, ne sollecitammo il racconto di una vita d’eccezione. L’amoroso ricordo di Leonardo il commiato: «Le mie labbra ne hanno raccolto l’ultimo respiro».

Enzo Zappulla Sarah Muscara’

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Lo sfogo amaro di chi vede bruciare la natura

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Torna il caldo e ricominciare a bruciare la natura. È accaduto oggi nella zona industriale. E si torna a vedere il fuoco divampare in ogni dove. Arriva in redazione lo sfogo amaro di Emanuele Sacco.

“Sono amareggiato”.
Sono le parole del segretario del gruppo “Gela che cambia”, Emanuele Sacco dipendente di una ditta della zona industriale Nord 2. “Ogni anno, quando torna la bella stagione- dice Sacco – è sempre la solita storia: la campagna brucia per colpa di persone incoscienti e senza scrupoli si distrugge la natura gli animali e tutto il resto e a volte, come successo l’anno scorso, anche qualche capannone. Vengono chiamati i vigili del fuoco e si ritorna sempre agli ‘stessi giri e stessa corsa’ finché non ci scapperà il morto ed in questo caso, che speriamo non si verifichi, non sarà facile individuare i responsabili.


Quando chiedi l’ intervento dei vigili del fuoco e ti dicono cosa sta bruciando?
La natura…
La sensazione è non venga percepito come cosa importante; tanto noi uomini non abbiamo bisogno della natura…”

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La scomparsa di Rosario Lanzafame, cittadino attivo: il ricordo dei figli

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“Il 5 maggio scorso si è spento Rosario Lanzafame conosciutissimo commerciante gelese. Con lui va via un pezzo di storia di Gela che perde una grande persona rispettosa ma soprattutto un instancabile lavoratore come pochi.

Il suo mondo era il suo lavoro e la sua famiglia, chiunque lo abbia conosciuto sa che era molto attivo nell’ambito del bene comune e della cosa pubblica, più volte infatti ha denunciato disservizi che poi sono stati prontamente ripristinati.

Persona buona ma sopratutto onesta, anni e anni di attività non hanno minimamente scalfito l’onorabilità del suo lavoro, tante persone si ricorderanno di lui come una persona di animo buono e dal cuore grande”.

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Aurelio: il ricordo del segretario Filcams

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Non si ferma l’onda di dolore che da ieri sera ha colpito la Cgil e tanta parte della città per avere perso un uomo buono, morigerato e disponibile verso il prossimo. Ecco il ricordo su Aurelio Massimo del segretario generale della Filcams Cgil Nuccio Corallo.

“Con il cuore spezzato tutti abbiamo appreso la notizia che mai avremmo voluto conoscere, Aurelio non c’è più…
L’ amico e compagno storico della Filcams Cgil Caltanissetta, della quale era componente dell’assemblea generale, nell’ultimo congresso, nel dicembre 2022 è stato presidente dell’assemblea congressuale e presente al congresso nazionale, ha ricoperto svariati incarichi, dal Patronato Inca Cgil al Caaf Cgil, militante storico e profondo estimatore della cultura di sinistra.


Lo voglio ricordare così amico fra gli amici, sempre disponibile nel dare una mano agli altri, con i suoi scatti ha immortalato momenti importanti come scioperi locali e nazionali, manifestazioni e convegni, mitiche le sue foto postate nei social che utilizzava anche come cassa di risonanza per messaggi sociali e informazioni ai lavoratori.
Dentro i nostri uffici aleggerà per sempre il tuo ricordo, Buon viaggio Aurelio, vola alto Compagno”. I funerali saranno celebrati domani alle 11 nella chiesa Sant’Antonio.

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