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La parola della domenica

Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri

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Rubrica ad ispirazione cattolica a cura di Totò Sauna


Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell’ uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. 
Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. 
Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri». Gv 13,31-33a.34-35


Gli ultimi capitoli del Vangelo di Giovanni vengono chiamato il Testamento di Gesù Cristo. Proprio negli ultimi capitoli, Gesù fa tutta una serie di raccomandazioni ai suoi discepoli e a noi, che non troviamo negli altre vangeli. Giovanni conosceva bene i vangeli di Matteo, Luca e Marco, avendo scritto il suo vangelo qualche decennio dopo i tre. Quindi, cerca di sottolineare aspetti e parole che non sono state sviluppate nei primi tre vangeli. Cosa preme molto a Gesù negli ultimi attimi della sua vita? Sa che quelli sono i suoi ultimi attimi passati con i suoi discepoli. Sa che quelle sono le sue ultime parole. Deve misurarle, deve cogliere il centro. Va dritto dritto alla questione. Non può correre il rischio che qualcuno non capisca o qualcuno tergiversi le sue parole. Quindi,non parla per parabole, come invece aveva fatto prima, ma va dritto dritto al cuore. Punta su una cosa. Ti vuoi salvare? Vuoi conquistare il Paradiso ? Vuoi stare alla mia destra? Devi amare il fratello che ti sta vicino. Il fratello che hai accanto. Senza se e senza ma. Sic et sempliciter. Con lamore che, provenendo da Cristo, può riempire il nostro cuore per poi defluire verso il cuore degli altri. Non ci sono categorie esonerate. Non ci sono sconti. Vogliamo seguire Cristo? Dobbiamo amare il fratello. Si, proprio quello antipatico, quello che è odioso, quello che straparla, quello che ci ha tagliato la strada, quello che ci sparla. Si lui. Perché, continua Gesù, vi riconosceranno da questo amore. Guardate come è rivoluzionario Cristo. Non dice che ci riconosceranno e diventeremo cristiani da quanti tesori, da quante processioni, da quante messe, da quanti rosari accumuleremo Ci riconosceranno semplicemente se amiamo il nostro fratello. Da quanto amore semineremo durante la nostra vita terrena. Basta. Non aggiunge altro. Me ne vado in crisi. Si, in crisi. Perché vedete , lo confesso, non sempre ci riesco. Sono lontano da queste parole. Ma so che sono vere. So, che solo amando conquisto la felicità. Ogni volta che non ci riesco, vado via amareggiato. Nervoso, vorrei spaccare il mondo e non trovo la pace. Poi, mi rifugio nella preghiera, nel dialogo con Cristo e piano piano risplende la serenità. Posso continuare cosi? Posso continuare ad avere questa Fede con il sali e scendi? Il Signore è sempre là , fermo che ci aspetta, fino a quando diventeremo maturi. Si perché amare è dare tutto se stesso allaltro. Amare vuol dire fare vuoto dentro di me e di te e riempirlo dellaltro. Ho sempre avuto lidea dellamore come se fossimo, io e laltro mio fratello da amare, due giare, vi ricordate quelle della festa di Cana? Due giare. Se ciascuna giara, che rappresenta ciascuno di noi, è piena fino allorlo, come può un liquido di una essere travasata nellaltra? Impossibile. Stiamo cosi in questo momento. Ognuno di noi è pieno di se. Con le proprie idee, i propri pensieri, le proprie ragioni, i propri orgogli , il proprio io. E non vogliamo retrocedere di un passo. Caschi il mondo, ma io non cedo. Ogni giorno vedo i leader di questa assurda guerra imbruttita dallodio. Le giare piene. Siamo le giare piene. Non vogliamo che qualcuno venga a mettere altro liquido dentro di noi. Venga a mettere se stesso. Stiamo bene cosi. Non abbiamo bisogno di nessuno. Gesù , invece, non la pensa cosi. Anzi. Ci dice vuoi diventare un cristiano? Ama il tuo fratello. Cioè svuota te stesso, manda via il liquido che riempiva la tua giara e fai entrare il liquido dellaltra giara, fai entrare in te tuo fratello. Ascoltalo. Amalo. Iniziamo a fare trascorrere amore dalluna allaltra giara. Travasati. Un pò di liquido mio e un po del tuo. Per farlo dobbiamo svuotarci. Mettere da parte tutto e fare entrare il fratello e diventare una cosa sola. Come dirà Giovanni nel capitolo 17 del suo vangelo. Ecco il miracolo: diventare una cosa sola. Ecco la Chiesa viva e vera. E come facciamo a svuotarci? Con la preghiera. Con il Rosario, con la frequentazione della Messa, con la meditazione silenziosa. Amando.
Buona Domenica
Totò Sauna

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La parola della domenica

“Io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità…”

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Rubrica ad ispirazione cattolica

Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 15,26-27; 16,12-15

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio.
Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».

Come ci hanno insegnato gli esperti del settore, la comunicazione è il risultato di un impegno comune, è una questione di cooperazione, occorre creare il terreno condiviso affinché la comunicazione possa funzionare. Per questo mi colpisce che nel testo degli Atti degli Apostoli, prima che si realizzi questa comunicazione che supera le differenze linguistiche, i discepoli stavano tutti insieme nello stesso luogo! Hanno creato le condizioni, stanno abitando uno stesso sogno, lo stesso progetto, non a caso erano un cuor solo e un’anima sola! Se allora la comunicazione a volte non funziona, forse è perché ce ne siamo già andati, forse siamo dispersi, stiamo abitando luoghi diversi.  

La forza dello Spirito Santo, che è l’amore, ci viene presentata non a caso come capacità di capirsi. Parlano lingue diverse eppure si capiscono. Sono oggettivamente persone diverse, che vengono da culture, contesti, modi di pensare differenti, eppure si capiscono. Se affrontassimo le situazioni con maggiore disponibilità e misericordia, ci sarebbe certamente meno incomprensione. Ma come abbiamo detto, la comunicazione è un’esperienza di cooperazione, noi possiamo fare la nostra parte, ma non è detto che basti.

La Pentecoste, che per Israele è la festa del dono della Legge sul Sinai, diventa così la festa dell’amore, la legge nuova che abita il cuore del credente. Non a caso lo Spirito si manifesta come vento e come fuoco, cioè attraverso quelle manifestazione che avevano caratterizzato la teofania sul Sinai.

Lo Spirito guarisce le ferite della divisione. L’immagine della Pentecoste ci rimanda infatti per contrasto immediatamente alla torre di Babele, dove si era passati dall’unità alla dispersione: si parlava in origine una sola lingua e ci si scopre poi estranei l’uno all’altro. Ci capivamo e poi improvvisamente non ci siamo capiti più.

L’episodio di Babele rivela però anche il motivo di quella dispersione: gli uomini pretendono di arrivare a Dio. È la superbia, il tentativo di farcela da soli, la pretesa di sostituirsi a Dio, che ci porta alla divisione e all’incomprensione. La Pentecoste è dunque anche un richiamo all’umiltà, per lasciare che l’amore di Dio abiti nei nostri cuori. Quando non riusciamo a capirci, allora, potremmo fermarci e invocare lo Spirito affinché ci aiuti a superare quello che ci divide e ci impedisce di vedere l’altro.

È Gesù stesso che ci ha promesso questa presenza. Il termine usato da Gesù in questi versetti del Vangelo di Giovanni è molto eloquente. Gesù indica lo Spirito come il Paraclito: si tratta di un termine tecnico del genere forense. Il Paraclito è l’avvocato, colui che è chiamato a stare accanto nella difesa in tribunale. Il Paraclito è anche colui che prende il nostro posto nella lotta, combatte per noi. in questo senso assume anche il significato di Consolatore, perché si prende cura di noi, ci incoraggia, ci spinge ad andare avanti nonostante gli ostacoli.

La presenza dello Spirito santo in noi ci permette di essere in comunione con Gesù: lo Spirito infatti ci dice e ci ricorda quello che Gesù ci ha detto, ci mette in relazione con la sua Persona. Noi siamo esseri spirituali, abbiamo ricevuto il soffio vitale, e per questo possiamo accogliere in noi lo Spirito. È sempre possibile vivere la comunione con la Trinità. Lo spirito, infatti, pneuma, in ebraico ruah, è un termine che viene attribuito sia all’uomo che a Dio, dunque anche nelle parole è un termine che fa comunione, ci mette insieme a Dio, testimonia il legame tra Dio e l’umanità, un legame costitutivo, che nulla potrà mai spezzare. È un legame che non può andare mai perso. P.Salvatore Piccolo

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“Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura”

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Dal Vangelo secondo Marco
Mc 16,15-20

“In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».
Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio.
Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano”.

«Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura»: l’ordine stupendo impresso da Dio nel creato è stato sconvolto dalla scelta di Adamo ed Eva di volere stabilire loro stessi ciò che è bene e ciò che è male. Tutta la creazione è stata sconvolta: violentata dall’uomo è diventata violenta contro l’uomo. Cristo, nuova creatura, ha dato origine a un nuovo rapporto con la creazione. Proponendo Cristo all’uomo, anche la creazione riscopre il suo nuovo modo di essere per l’uomo. L’uomo deve scegliere: accettare Cristo e salvare se stesso e l’universo; o rifiutare Cristo e perdere se stesso e l’universo. 
Dopo avere parlato fu assunto al cielo (letteralmente: “preso su da Dio”, cioè fu ricongiunto al Padre di cui è l’Unigenito). Egli, risorto, è con i suoi che lo annunciano e mostrano in se stessi il cambiamento che la Parola, che è vita, produce. 

Quaranta giorni dopo Pasqua celebriamo l’Ascensione di Gesù in attesa della Pentecoste.
Fino al V secolo vi era un’unica festa perché fu un unico evento. Gesù è morto e risorto, è istantaneamente salito al cielo e rimane in mezzo a noi con lo Spirito Santo. Queste tre feste sono sfaccettature dell’unico evento della Risurrezione.

Gesù aveva bisogno di liberarsi del tempo e dello spazio per poter essere definitivamente presente in ogni angolo del mondo contemporaneamente e per sempre.
Questa modalità è la possibilità che ogni essere umano ha di poter dire: posso incontrare il risorto.
Da quel giorno in Dio c’è un uomo: Gesù di Nazareth

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“Amatevi gli uni e gli altri come io ho amato voi”

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Rubrica di ispirazione cattolica

dal Vangelo di Gv 15,15

“In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi.
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».

Oggi celebriamo l’ultima Domenica prima delle feste solenni dell’Assunzione e di Pentecoste, che chiudono il ciclo Pasquale. Se durante queste Domeniche Gesù risuscitato si è manifestato come il Buon Pastore e come la vite alla quale bisogna rimanere uniti come suoi tralci, oggi ci spalanca le porte del suo Cuore.

Naturalmente, nel Suo Cuore troviamo solo amore. Quello che costituisce il mistero più profondo di Dio e che è Amore. Tutto ciò che ha fatto dalla creazione alla redenzione è per amore. Tutto quello che si aspetta da noi come risposta alle sue azioni, è amore. Per questo, oggi risuonano le sue parole «Rimanete nel mio amore » (Gv 15,9). L’amore vuole reciprocità, è come un dialogo che ci fa corrispondere con un crescente amore il suo primo amore.

Frutto dell’amore è l’allegria: «Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi» (Gv 15,11). Se la nostra vita non riflette l’allegria di credere, se ci lasciamo affogare dalle contrarietà senza vedere che anche lì, il Signore è presente e ci consola, è perché non abbiamo conosciuto abbastanza a Gesù.

Dio ha sempre l’iniziativa. Ce lo dice espressamente affermando che «io ho scelto voi» (Gv 15,16). Noi abbiamo la sensazione di pensare di aver scelto, però non abbiamo fatto altro che rispondere a un invito. Ci ha scelto gratuitamente per essere amici «Non vi chiamo più servi (…); ma vi ho chiamato amici » (Gv 15,15).

Agli inizi Dio parla con Adamo come un amico parla con un suo amico. Cristo, nuovo Adamo, ha recuperato non solo l’antica amicizia, ma l’intimità con Dio, visto che Dio è amore.

Tutto si riassume in questa parola “amore”. Ce lo ricorda Sant’Agostino: «Il buon Maestro ci raccomanda frequentemente la carità come unico comandamento possibile. Senza la carità tutte le altre buone qualità non servono a nulla. La carità, di fatto, porta l’uomo a tutte le altre virtù che lo fanno buono.

Rev Francesc Catarineu

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